Appunti sulla bioetica animalista

Il becco del pellicano 

L’orientamento radicale della bioetica animalista è generalmente rappresentato dai filosofi Peter Singer e Tom Regan. Nel 1979 Singer pubblica Animal Liberation, riproponendo la posizione utilitarista di Jeremy Bentham, per combattere lo «specismo», cioè l’«estremismo umanoide» che ritiene la specie umana superiore e ontologicamente differente dagli animali. Questo pensiero aveva caratterizzato il colonialismo e il razzismo già a partire dal Rinascimento. L’analisi utilitarista di Singer si basa sul principio di uguaglianza nella considerazione degli interessi, principio esteso anche agli individui non umani, sulle capacità di sofferenza e di piacere: la loro importanza è stata confermata dalle scienze cognitive, fra gli altri da Antonio Damasio. Per le neuroscienze resta ancora da capire bene se vi sia un automatismo nella sofferenza (senza consapevolezza) o se l’animale sia in grado persino di elaborare la propria sofferenza. Da un punto di vista etico, per il filosofo australiano non si tratta tanto di discutere in termini di diritti, ma della capacità degli animali di provare o meno dolore. Diversa è la posizione di Tom Regan che difende i diritti degli animali basandosi sull’idea di un loro valore intrinseco e non necessariamente utilitarista. 

L’orientamento moderato (Roger Scruton tra gli altri) ritiene invece che gli animali non abbiano diritti, perché solo le persone, in quanto esseri morali, li posseggono: comunque gli esseri umani hanno dei doveri nei loro confronti, soprattutto quando li rendiamo a noi dipendenti sia a scopo di affezione sia di sperimentazione. Martha Nussbaum critica le tesi di Peter Singer perché la loro semplificazione (sul significato del dolore) risulta improponibile per la convivenza civile: l’equiparazione tra interessi dell’uomo e interessi degli animali è da lei rifiutata, ma sottolinea che occorre pietà e compassione soprattutto con gli «esseri vicini». 

Il contrasto tra utilitarismo e teoria di diritti non ha conseguenze pratiche quando si discute della crudeltà verso gli animali, accusata naturalmente da entrambe le scuole: Singer non è però contrario alla sperimentazione animale; è, tuttavia, indispensabile considerare le conseguenze prodotte. I diritti morali non sono da confondere con i diritti giuridici garantiti, per esempio, alle grandi scimmie: diritto alla vita, protezione della libertà individuale, proibizione della tortura. 

I metodi alternativi alla sperimentazione animale sono in continua evoluzione anche per ridurre i costi e i tempi delle ricerche: sono gli studi epidemiologici, le osservazioni a partire da casi clinici, gli esami autoptici e bioptici, le indagini di sorveglianza, le colture in vitro, i modelli computazionali. Rispetto ai modelli animali è però più difficile capire il funzionamento dei sistemi fisiologici. Le finalità dei metodi alternativi si basano sul principio delle 3R: 1) Ridurre il numero di animali utilizzati mantenendo la significatività statistica; 2) Raffinare le procedure per limitare le sofferenze; 3) Rimpiazzare l’animale con materiale non senziente (in particolare i sistemi in vitro e i modelli di simulazione al computer). È probabilmente più importante che gli animali abbiano diritto a una vita non degradante piuttosto che alla vita in sé, ma è fondamentale che tutti abbiano diritto a non soffrire: i roditori, i conigli o i pesci non hanno la stessa coscienza degli uomini, ma oggigiorno sono comunque ritenuti senzienti, cioè capaci di sensazioni (Plutarco li riteneva perfino intelligenti e sensibili), anche se incapaci di dirci esplicitamente che soffrono. 

Da un punto di vista etico ci si può chiedere se esista una differenza moralmente rilevante fra sperimentare sugli animali o ucciderli per mangiarli e, sempre in quest’ambito socio-politico, è importante non dimenticare che, fino alla metà del XX secolo, si sperimentò a lungo su «animali umani» come i prigionieri, gli orfani e i folli… ovviamente senza il loro consenso. 

Cosa ne pensi?
Condividi le tue riflessioni
e partecipa al dialogo

2 risposte a “Appunti sulla bioetica animalista”

  1. Gianni Tadolini

    Gent.mo Dr. Malacrida,
    ho letto con molto interesse il suo articolo sulla bioetica animalista, segnalatomi dall’amico e mentore Gianangelo Palo. Ho abitato la ricerca biomedica per molti anni, occupandomi professionalmente di sperimentazione dei farmaci con metodi in vivo, poi in vitro ed in silico. Esattamente dieci anni fa mi sono dimesso dalla AISAL – Associazione Italiana per le Scienze degli Animali da Laboratorio, per imprescindibili motivi di coscienza, approfondendo poi i metodi di ricerca senza animali e scoprendoli più precisi e con maggior attendibilità predittiva, soprattutto sul versante tossicologico. Ormai sono anziano (meglio vecchio) e lontano dai laboratori e non nascondo le mie scelte via via sempre più animaliste. Spero che anche Lei riesca a fare questo passo, di grande significato scientifico e morale: è sulla buona strada. Potrò, se Le interessa, indicarLe in futuro alcune mie pubblicazioni. Oggi mi permetto di inviarLe un riferimento in PDF sui recentissimi e raccapriccianti fatti di Pavia: https://bit.ly/46o6yxR – riguardante l’attuale epidemia di peste suina. La saluto e ringrazio dell’attenzione con i sentimenti della più profonda stima (Gianni Tadolini – gianni.tadolini@gmail.com).

  2. sebastiano martinoli

    è una buona rassegna caro Roberto. Guarda Full metal Jacket di Kubrick e vedrai che ci sono altre priorità per noi umani. Seba M

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Desideri essere aggiornato sulle ultime novità dei Sentieri nelle Medical Humanities o conoscere la data di pubblicazione del prossimo Quaderno? Iscriviti alla nostra Newsletter mensile!

Iscriviti

2 pensieri su “Appunti sulla bioetica animalista

  1. Gianni Tadolini dice:

    Gent.mo Dr. Malacrida,
    ho letto con molto interesse il suo articolo sulla bioetica animalista, segnalatomi dall’amico e mentore Gianangelo Palo. Ho abitato la ricerca biomedica per molti anni, occupandomi professionalmente di sperimentazione dei farmaci con metodi in vivo, poi in vitro ed in silico. Esattamente dieci anni fa mi sono dimesso dalla AISAL – Associazione Italiana per le Scienze degli Animali da Laboratorio, per imprescindibili motivi di coscienza, approfondendo poi i metodi di ricerca senza animali e scoprendoli più precisi e con maggior attendibilità predittiva, soprattutto sul versante tossicologico. Ormai sono anziano (meglio vecchio) e lontano dai laboratori e non nascondo le mie scelte via via sempre più animaliste. Spero che anche Lei riesca a fare questo passo, di grande significato scientifico e morale: è sulla buona strada. Potrò, se Le interessa, indicarLe in futuro alcune mie pubblicazioni. Oggi mi permetto di inviarLe un riferimento in PDF sui recentissimi e raccapriccianti fatti di Pavia: https://bit.ly/46o6yxR – riguardante l’attuale epidemia di peste suina. La saluto e ringrazio dell’attenzione con i sentimenti della più profonda stima (Gianni Tadolini – gianni.tadolini@gmail.com).

  2. sebastiano martinoli dice:

    è una buona rassegna caro Roberto. Guarda Full metal Jacket di Kubrick e vedrai che ci sono altre priorità per noi umani. Seba M

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *