Assistenza al suicidio
Un equilibrio fragile tra autodeterminazione e rischio di abusi
20 Marzo 2025 – EOC, Emergenza, Etica, Legge, Libertà, MorteTempo di lettura: 6 minuti
20 Marzo 2025
EOC, Emergenza, Etica, Legge, Libertà, Morte
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A seguito del polverone mediatico sollevato dalla presentazione al pubblico della famigerata “capsula della morte”, il dibattito sulla delicata tematica del suicidio assistito ha ripreso vigore in Svizzera negli ultimi mesi.
L’attenzione di pubblico e media si è concentrata in modo sproporzionato sull’annuncio della messa in funzione della “capsula”, mettendo in secondo piano due notizie probabilmente più importanti e significative riguardo a questo tema sensibile. Si tratta di due sentenze emesse da tribunali diversi per motivi distinti, ma entrambe in relazione all’assistenza al suicidio.
La prima sentenza è stata emessa dalla Corte delle Assise Correzionali di Mendrisio nell’ottobre 2024, che ha condannato un’infermiera a una multa pecuniaria per aver assistito al suicidio di sette persone tra il 2016 e il 2017. Il tribunale ha riconosciuto in questo caso il movente egoistico previsto dall’art. 115 del Codice Penale, ritenendo sproporzionato il compenso economico richiesto dall’infermiera per le sue azioni.
Questa sentenza (contro la quale apparentemente non è stato presentato ricorso in appello) stabilisce definitivamente il criterio economico come uno degli elementi fondamentali nell’interpretazione del principio di “motivo egoistico” espresso dal Codice Penale, considerandolo una “conditio sine qua non” per determinare la punibilità dell’atto.
La seconda sentenza è stata emessa dal Tribunale federale di Losanna e riguarda l’assoluzione del Dr. Beck, accusato di aver violato la legge federale sugli stupefacenti per aver permesso a un’anziana di 86 anni, senza particolari malattie, di assumere Pentobarbital a scopo suicidale. Questa è la seconda assoluzione del Tribunale federale per il medesimo caso. In precedenza, il procuratore aveva incriminato il Dr. Beck per violazione della Legge federale sui medicamenti, con lo stesso esito.
Poiché il Dr. Beck ha agito senza scopo di lucro, non poteva essere incriminato per violazione dell’art. 115 del Codice Penale. Sono state quindi esplorate altre ipotesi di reato, poi respinte dal Tribunale federale.
L’importanza giuridica ed etica di queste sentenze è considerevole. In particolare, e contrariamente a quanto affermano le linee guida attuali dell’Accademia Svizzera delle Scienze Mediche (ASSM), il Tribunale federale ha sancito la liceità dell’assistenza al suicidio anche per persone sane.
Le linee guida della Commissione centrale di etica dell’ASSM stabiliscono tra i criteri di legittimità etica per l’assistenza medica al suicidio la presenza di “una sofferenza grave, intesa come sintomi e/o limitazioni funzionali del paziente, da documentare con una diagnosi e una prognosi”. Questa formulazione era stata negoziata con la Federazione dei medici svizzeri (FMH) affinché fosse inclusa nel codice deontologico, dopo che la versione iniziale, che faceva riferimento solo alla sofferenza grave senza ulteriori specificazioni, era stata ritenuta eccessiva.
Questi sviluppi hanno riacceso il dibattito sulla necessità di una legislazione più dettagliata sull’assistenza al suicidio. Le posizioni in merito sono controverse, anche all’interno della Commissione nazionale di etica e della Commissione centrale di etica dell’ASSM. Tuttavia, anche tra coloro che si dichiarano favorevoli a una legislazione specifica, vi è difficoltà nel definire concretamente un progetto di legge.
Una delle questioni principali riguarda l’accesso delle associazioni che si occupano di assistenza al suicidio (come Exit e Dignitas) alle case di riposo per anziani e agli ospedali. Alcuni Cantoni (in particolare quelli della Svizzera Romanda) hanno introdotto clausole specifiche nelle loro leggi sanitarie cantonali, mentre nel nostro Cantone la decisione è lasciata alla discrezione della direzione delle singole strutture.
Parallelamente, nei Paesi vicini, in particolare Germania e Francia, si sta valutando l’introduzione di strumenti giuridici che consentano di allentare anche solo parzialmente le loro legislazioni, per ora molto restrittive in ambito di suicidio assistito. A questa evoluzione non è estranea la constatazione del fatto che sono molto numerose le persone provenienti da nazioni confinanti che si recano in Svizzera per porre fine alla propria vita.
In definitiva, si ha l’impressione che, di fronte a una realtà ormai consolidata e con numeri in costante crescita, le istanze giuridiche ed etiche fatichino a trovare un terreno d’intesa. Se da un lato questo lascia un ampio margine ai singoli operatori per continuare ad agire secondo coscienza e responsabilità, dall’altro aumenta il rischio di possibili abusi. In questo contesto, e tenendo conto dell’attuale clima politico e ideologico, vi è il pericolo di un “effetto boomerang” che potrebbe rimettere in discussione un principio consolidato da quasi un secolo, e che per ora rende la Svizzera un’eccezione in Europa nella tutela del diritto all’autodeterminazione degli individui.
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Una risposta a “Assistenza al suicidio”
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Grazie per questo interessante articolo su un tema così complesso come il suicidio assistito.
Mi domando se, la difficoltà nel proporre una legislazione più chiara derivi dal fatto che il suicidio assistito sia ancora un argomento “scomodo” e troppo “duro” da affrontare? (sia per la politica ma anche per il personale sanitario).
Inoltre, mi chiedo come debba essere interpretata l’indicazione dell’ASSM secondo cui “deve sussistere una sofferenza grave”. Questo criterio mi sembra estremamente soggettivo.
Un’altra questione ancora più delicata riguarda il caso in cui il suicidio (o la richiesta di suicidio assistito) sia l’espressione di una sofferenza psichica.
È mia modesta opinione, infine, che il suicidio assistito debba rappresentare davvero l’ultima opzione, riservata a situazioni di sofferenza inconsolabile, piuttosto che diventare una conseguenza dell’inefficienza (o meglio difficoltà ad essere periferici e puntuali) dei trattamenti palliativi e delle cure di accompagnamento, che potrebbero invece rendere gli ultimi momenti di vita più tollerabili.
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