Attorno al dilemma della sterilizzazione

La complessità etica della sterilizzazione delle persone con disabilità permanentemente incapaci di discernimento 

Il tema è stato trattato anche nel seguente contributo. 

Le problematiche etiche nell’ambito della disabilità e della vulnerabilità si presentano in modo eterogeneo e specifico, riguardando i “grandi” temi (ad esempio, la limitazione dei trattamenti, il fine vita) così come le pratiche di cura e di assistenza quotidiane (ad esempio, la contenzione, la gestione dei trattamenti) e le attenzioni rivolte al qui ed ora della persona, alla sua emancipazione e al suo benessere generale (ad esempio, l’autodeterminazione, le possibilità di comunicazione, la sessualità), in particolare la coercizione riproduttiva 

Il confronto bioetico sulla disabilità necessita un tipo di conoscenza di persone che hanno differenti rappresentazioni rispetto a chi (ancora) non la conosce:

finora anche l’attenzione alla narrazione soggettiva degli individui con disabilità non ha incontrato, con la necessaria importanza, il corpo e il genere, quali fondamentali oggetti della bioetica. Probabilmente, la disabilità orienta sui concetti della discriminazione e dell’esclusione e, in sostanza, sulla definizione di “essere umano”: se il modello biopolitico è quello di riprodurre un essere umano “normale”,

il rischio della bioetica è di rimanere lontana da valori universali, concentrandosi sugli individui “moralmente abili” (razionali, autonomi e indipendenti), mentre i soggetti non conformi diventano soltanto l’oggetto del suo agire morale.

In linea di principio la legge svizzera vieta la sterilizzazione di persone permanentemente incapaci di discernimento. In casi eccezionali la stessa può essere autorizzata, ma solo a partire dai 16 anni di età. Al contrario, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità la vieta totalmente. L’applicazione di questo principio alla lettera non è molto pertinente e nella pratica comporterebbe inevitabili problematiche e questioni irrisolte.  

Vi sono alcuni aspetti da prendere in considerazione a tal proposito: l’autonomia e i desideri della persona direttamente interessata, le conseguenze per i familiari e per il “bambino che nascerà”. Risulta, quindi, importante rispettare anche le difficoltà, le esigenze, i sacrifici e la storia di chi accudisce le persone con gravi disabilità, in genere le madri o i genitori. Inoltre, non è da dimenticare il dilemma riguardante il benessere del “bambino che nascerà” da una mamma gravemente disabile. Come si può ben capire, i dilemmi etici su queste tematiche sono di una grande e quasi irrisolvibile complessità: occorre considerare con cura i principi dell’autonomia con quelli della non maleficenza e, pure, della giustizia distributiva.  

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