Cardiologia letteraria: Pedrazzini e le ragioni del cuore
Medici d’autore
2 Giugno 2025 – Medical Humanities, Arte, NarrazioniTempo di lettura: 10 minuti
2 Giugno 2025
Medical Humanities, Arte, Narrazioni
Tempo di lettura: 10 minuti
Per il terzo appuntamento della nostra rubrica sui medici scrittori, ci spostiamo Oltralpe, in territorio elvetico. Nella bella Svizzera italiana i medici scrittori non mancano in effetti. La scorsa volta vi ho esortati all’arrembaggio della vostra libreria di fiducia. Ora, l’assalto che vi propongo è addirittura in biblioteca.
Giovanni Battista Pedrazzini è un cardiologo di fama internazionale e professore ordinario all’Università della Svizzera italiana.
Pochi sanno però anche della sua attività letteraria, che lo colloca nella classifica dei medici umanisti da leggere, da vivere. Scrive tre romanzi: Storie di amicizia (Fontana ed. 2005), Calcutta, diario d’amore (Fontana ed. 2006) e Dove nasceva l’amore (Pedrazzini ed. 2014).
Nel primo, il medico scrittore pubblica coraggiosamente alcune lettere che raccontano la sua esperienza nell’ospedale locarnese. Ospedale in cui finirà ad occuparsi dei sieropositivi su indicazione del primario. Solo che, in quel reparto, si trovano degli ospiti speciali: alcuni dei suoi più cari amici d’infanzia. Con una narrazione umana, profonda, l’autore confessa le vite dei propri cari e mette a nudo tutto il contrasto tra l’essere medico e uomo, con il suo passato. Il secondo è invece il racconto intimo dell’esperienza di Pedrazzini in India, che gli cambierà la vita e che susciterà in lui la definitiva necessità di iniziare a scrivere delle proprie esperienze, professionali e umane.
Oggi voglio parlarvi dell’ultima opera. Un piccolo libello, dalla copertina opaca e di un verde ramato. Sullo sfondo montano si intravedono giusto alcune casupole in uno stile che ricorda le composizioni di Morandi. Ecco, immaginatevelo ora come volete: ma quello è Paese. Perlomeno, così lo chiama Pedrazzini.
Dove nasceva l’amore è l’ultimo romanzo del nostro ticinese, ma forse proprio il più profondo e coinvolgente.
Il più maturo, come si suol dire degli ultimi romanzi. Attraverso cinque racconti intrecciati, Pedrazzini ci porta in un piccolo Paese (P maiuscola) di una valle ticinese, un luogo sospeso nel tempo e nello spazio, dove ogni abitante è alle prese con drammi personali che diventano specchi universali di sofferenza e speranza.
Qui non siamo in quella situazione in cui un medico scrittore, prende la penna e scrive una storia per dilettarsi.
È il culmine di un percorso di meditazione del medico scrittore, che lo porta dopo molti anni alla scrittura della storia di Paese.
In Dove nasceva l’amore Pedrazzini sublima le riflessioni prodotte durante l’esperienza in India, come quelle per i propri amici caduti nella tossicodipendenza. Dove nasceva l’amore è il tentativo di narrare l’esperienza dal punto di vista del medico, del malato ma anche di un’intera comunità. Bella responsabilità direi.
Una sorta di Macondo d’Oltralpe? È diviso in cinque racconti incentrati sulla vita di personaggi diversi, ma tutti convivono nello stesso luogo e, probabilmente, anche nello stesso tempo. Paese è un pacifico villaggio posto in una non precisata valle ticinese, dove gli ingranaggi del tempo sembrano restare immobili per dare spazio, perciò, ad una riflessione profonda sul valore della professione medica, sull’esperienza di malattia, come anche sulla ricerca della connessione inespressa tra questi due contesti di esperienza. Direi che è ora di leggere qualche riga di questa splendida, malinconica storia.
Un po’ di contesto: nel racconto di apertura, Notte da medico si legge del dottor Alberti, medico di Paese, che riceve una chiamata nella notte e si precipita dal proprio malato, un bambino affetto da meningite. Pedrazzini descrive con curiosa lucidità le sensazioni del medico condotto:
«Dopo aver richiuso le palpebre, con movimenti lievi e ritmati, iniziò a dondolare la testa del bambino in avanti e indietro, quasi a verificarne la sua indipendenza dal resto del corpo. “Mio Dio…” si disse, ma lo fece in un modo tale che il pensiero si trasformò in voce. Si sentì debole e impotente di fronte allo scenario più crudele che potesse immaginarsi, alla diagnosi che non avrebbe mai voluto pronunciare. Avrebbe voluto abbandonarsi accanto al corpo del piccolo Marco, abbracciarlo e consolarlo, quasi a scusarsi di non poter far niente per salvarlo».
Una narrazione intima, vicina ai luoghi cari all’autore, impreziosita dalle tinte amare quasi di un realismo magico, che emerge negli spazi dedicati alle riflessioni del medico-protagonista del romanzo. Il dottore-personaggio vive un profondo conflitto interiore, nell’angoscia di ritrovarsi solo in una situazione critica (come quella del giovane bambino malato di meningite).
È la storia di uno dei tanti medici che hanno ricevuto quella fatidica chiamata nella vita. Magari quella in cui apprendono di esser stati assegnati a un paesino in una piccola valle di montagna, nella solitudine. Rammentano quindi il dovere del buon medico, che dovrà tentare ogni possibile soluzione per curare gli abitanti che vivono a un’ora di strada dall’ospedale più vicino.
La sofferenza dipende dall’impossibilità di dare voce ai propri pensieri più profondi,
a una confessione che vorrebbe esprimere fin dalle prime righe il Dottor Bernardo Alberti, protagonista di questo straordinario racconto.
Bernardo, infatti, non voleva trovarsi lì. In quel momento. Quanto meno, non da solo. Sa però di essere l’unico in grado di sostenere il malato: ed in effetti è proprio il medico a conoscere bene quella sensazione di attanagliamento, di dolore che provoca la necessità di comunicare il limite della sua medicina di fronte alla vita, alla malattia, alla morte. Forse è qui l’autore stesso che, mutatis mutandis, interviene attraverso la messa in scena della scrittura riflettendo sulle sue esperienze di cura.
L’esperienza medica, inevitabilmente, influenza infatti la narrazione di Pedrazzini.
Lo abbiamo anche intervistato: egli stesso ammette che il suo sguardo clinico gli ha permesso di avvicinarsi “in punta di piedi” alla fragilità umana.
Ed è proprio questa capacità di osservazione che rende autentica ogni pagina di Dove nasceva l’amore. Non si tratta solo di un medico che scrive, ma di un autore che conosce le pieghe più profonde dell’anima, quelle che solo la malattia e la cura possono rivelare.
Ciò che più colpisce nella scrittura di Pedrazzini è il coraggio con cui affronta la riflessione sui limiti della Medicina (M maiuscola) stessa.
Il medico non è onnipotente, e in molte situazioni è costretto a riconoscere la propria vulnerabilità e quella del paziente. Pedrazzini stesso ce lo dice, descrivendo la Medicina non solo come azione, ma come relazione profonda con l’umano. Quando ogni cura fallisce, resta l’essenziale: la presenza, l’ascolto, il conforto. Come lui stesso ammette: «tante volte mi chiedo dove sia il confine fra l’uomo ed il medico».
Dove nasceva l’amore è un romanzo che parla proprio di questo: del delicato equilibrio tra la professione medica e la compassione umana, tra la scienza esatta e l’incertezza della vita. Un equilibrio che Pedrazzini racconta con la consapevolezza di chi ha vissuto sulla propria pelle le sfide e le gioie della cura.
Sono sicuro che in libreria, ci andiate spesso. Sennò mica leggereste una rubrica come questa. Ma come lettori, di quelli accaniti, dirigetevi anche nella biblioteca del vostro circondario e scovate la storia di Paese, raccontata dal nostro buon ticinese. Che possiate vivere anche voi quel profumo di autentico, che si respira leggendo questa splendida storia. Perché, in fondo, come ci dice Pedrazzini, la Letteratura è forse la medicina più potente: cura con la parola, guarisce con l’empatia.
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