Cinque cose che abbiamo imparato dalla pandemia
Mai come negli ultimi tre anni abbiamo constatato come l’emergenza possa essere un acceleratore del cambiamento in ogni ambito della nostra società. Le case per anziani del Canton Ticino cercano di approfittare dell’esperienza della pandemia per migliorarsi e ripensarsi.
13 Dicembre 2022 – ADiCASI, EmergenzaTempo di lettura: 8 minuti
13 Dicembre 2022
ADiCASI, Emergenza
Tempo di lettura: 8 minuti
In Svizzera, così come nel resto del mondo, le case per anziani si sono trovate, loro malgrado, in prima linea nell’affrontare il COVID-19. Il loro essere comunità composte da un alto numero di soggetti a rischio di sviluppare decorsi gravi della malattia le ha costrette ad essere dei precursori—nella prima ondata potremmo dire quasi sperimentatori—di molte delle misure che hanno poi interessato tutta la popolazione: dall’adozione dei dispositivi di protezione, alle pratiche igieniche, sino alle chiusure.
Una situazione complicata che non ha risparmiato le strutture del nostro cantone. Non parliamo di pochi soggetti: in Ticino ci sono 68 strutture, pubbliche e private, che ospitano nel complesso oltre 4’700 residenti. Il settore impiega direttamente circa 6’000 persone, senza considerare tutto l’ecosistema che ruota intorno alle strutture: dai fruttivendoli, agli artigiani, ai fornitori di materiali e servizi sanitari e molto altro. Le case per anziani sono dei piccoli villaggi medicalizzati.
A oltre due anni dall’inizio della pandemia le case per anziani hanno dato seguito ai propositi espressi durante le fasi più convulse dell’emergenza di fare tesoro dell’esperienza, ritrovandosi a bocce—quasi—ferme per discutere di cosa ha funzionato e di cosa può essere invece migliorato, con l’obiettivo di essere sempre più efficaci, efficienti e soprattutto pronti per una nuova, eventuale, pandemia.
Dal lavoro svolto in tal senso—svariate riunioni, confronti informali, un sondaggio interno e un grande workshop di discussione—sono emersi molti spunti, di seguito sintetizzati in cinque “lezioni imparate”.
1. Nessuno è un’isola: il ruolo della collaborazione
Fare squadra, collaborare, sfruttare le sinergie, sono dei mantra ripetuti assiduamente da chi si occupa di far funzionare un’organizzazione di qualsivoglia natura. Il peso di questi fattori si è dimostrato enorme durante la pandemia, quando le case anziani hanno capito quanto vitale fosse fare fronte comune per affrontare la situazione: acquistare congiuntamente materiale sanitario e condividere liste di nominativi per trovare personale suppletivo, in momenti di difficoltà di approvvigionamento per entrambe le risorse; coordinare le informazioni su direttive e procedure; fornire informazioni coordinate e trasparenti a un’opinione pubblica preoccupata; ancora, gestire la sensibilizzazione e la partecipazione al piano vaccinale. In queste attività il ruolo di ADiCASI quale piattaforma di coordinamento e condivisione delle esperienze è stato certamente fondamentale e riconosciuto.
Se la necessità delle case per anziani di collaborare tra loro è stata subito evidente, altrettanto rafforzata dalla pandemia è uscita la collaborazione all’interno di ogni struttura. Il personale ha compreso quanto importante fosse condividere le informazioni e coordinare ogni azione, per la sicurezza di tutti. Uno sforzo di squadra che spesso è andato oltre il mero dovere professionale, con collaboratori che si sono trovati a sostituire i famigliari nel fornire supporto psicologico ed emotivo ai residenti isolati.
Infine, le case per anziani si sono trovate a lavorare a fianco a fianco con le autorità: l’Ufficio del medico cantonale, l’Ufficio del farmacista cantonale, l’Ufficio degli anziani e delle cure a domicilio, sono stati interlocutori costanti durante l’emergenza. Dopo un’inevitabile fase di assestamento, la collaborazione è via via migliorata diventando sempre più costruttiva ed efficace, grazie anche al coinvolgimento di rappresentanti di ADiCASI nei vari comitati e gruppi di lavoro costituiti per l’emergenza.
Quale lezione per il futuro dunque? È chiaro a tutti che queste sinergie dovranno essere sfruttate anche in futuro, con le case anziani che dovranno sempre più collaborare su molti aspetti, per ragioni di qualità ed efficienza.
2. Ancora più specializzazione, ancora più formazione
Dotarsi di un’infermiera esperta di igiene è stata una scelta lungimirante da parte di ADiCASI che, durante la pandemia, ha dimostrato quanto sia fondamentale mettere a disposizione delle case per anziani persone specializzate in grado di fornire supporto diretto e di formare i collaboratori delle strutture. Specializzazione e formazione sono due tematiche destinate a rimanere centrali per le case anziani per molti anni, non certo solo in materia di igiene. Con l’invecchiamento della popolazione e il rafforzamento delle cure a domicilio le strutture accoglieranno sempre più residenti che necessiteranno di un’assistenza medica avanzata. Ciò esigerà competenze e capacità di gestire situazioni complesse da parte del personale infermieristico simili a quelle richieste in ospedale, dove i medici sono costantemente a supporto; una realtà ben diversa dallo stereotipo, duro a morire, dell’infermiere di casa anziani quale professionista di serie b.
Naturalmente profili professionali specializzati hanno un costo elevato: per questo sarà ancor più importante dar seguito alla lezione imparata al punto 1, con le case che dovranno collaborare maggiormente per condividere tali costi.
3. La comunicazione è fondamentale
Le case per anziani sono realtà aperte, dove l’interscambio tra le persone che vivono dentro e fuori dalle strutture è la linfa vitale della comunità: dalle visite dei parenti, ai servizi erogati, alle uscite dei residenti, sino ai rapporti tra i professionisti interni ed esterni alle strutture. Un flusso continuo di comunicazioni che, con le chiusure, ha subito un’interruzione repentina, quasi scioccante. Chiuse le porte, le strutture si sono ritrovate bombardate da continue e comprensibili richieste di informazione da parte dei parenti che non potevano più visitare i propri cari, ma anche dai media e dagli altri stakeholder, interessati a capire cosa stesse succedendo all’interno delle strutture. Senza contare il continuo aggiornamento di direttive e raccomandazioni da parte delle autorità, da recepire e comunicare a tutti i collaboratori, nonché l’incertezza e la confusione generata dalla miriade di opinioni espresse da esperti, politici e comuni cittadini sulla situazione e come affrontarla.
Un sovraccarico informativo che ha insegnato alle case che la comunicazione svolge un ruolo fondamentale per far funzionare le strutture. Messaggi chiari, processi e responsabilità definiti—chi comunica a chi e quando—, disporre di canali adeguati, sono cose che non si possono improvvisare e che vanno pianificate per tempo e professionalmente. Inoltre, le case hanno rafforzato la consapevolezza che una comunicazione efficace può essere tale solo considerando tutti i portatori di interessi che ruotano intorno alle case (residenti, famiglie, collaboratori, ma anche istituzioni, fornitori, ecc.). Informare solo una parte o fornire informazioni non coerenti può infatti generare confusione e tensione.
4. Le case per anziani del futuro dovranno essere ancora più flessibili
Nelle settimane calde dell’emergenza pandemica, le case per anziani sono state costrette a ripensare e rivedere logistica e processi consolidati da anni. Grandi locali da suddividere in spazi più piccoli, percorsi pulito/sporco, aereazione da migliorare, camere doppie da trasformare in singole, attrezzature mobili, creazione di spazi di incontro esterni, sono soltanto alcuni degli interventi che le strutture hanno dovuto apportare in pochissimo tempo. Se l’urgenza, insieme a un po’ di creatività, spirito di adattamento e al supporto prezioso di militi e protezione civile, hanno permesso di superare problematiche, anche architettoniche, importanti, è chiaro che le case per anziani del futuro dovranno essere ripensate in funzione di quanto appreso.
Modularità degli spazi, preferenza per le camere singole, areazione, scelta di materiali e attrezzature di facile disinfezione, aree autosufficienti ed isolabili sono alcune delle caratteristiche di cui non potranno fare a meno le nuove strutture.
5. Il valore dei piccoli gesti
Infine, la lezione più semplice, ma forse la più importante: abbracci, gesti di affetto, poter stare vicini alle persone a cui teniamo, essere parte di una comunità, sono aspetti che abbiamo spesso dato per scontato. La pandemia ci ha invece ricordato il valore delle cose più semplici e di quanto peso queste possono avere nel benessere di ciascuno di noi.
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