Come nota può bastare

Una lettura ad alta voce da Padiglione di riposo del premio Nobel per la letteratura 1989 Camilo José Cela.  

Ho un amico. Si chiama Gerardo Masuccio. Nel 2020 ha fondato una casa editrice. Le ha dato un nome bellissimo: Utopia. Gerardo, della sua Utopia, è anche l’editor. È un amico recente. Lo conosco da qualche anno soltanto. Io organizzo un festival letterario. Ho invitato un autore pubblicato da Utopia: Hassan Blasim, uno scrittore folle e gigantesco. Poi ho invitato Gerardo. O forse la prima volta li ho invitati insieme, non ricordo bene. In ogni caso, Gerardo l’ho invitato di nuovo. Così abbiamo pranzato e cenato insieme, bevuto insieme, passato insieme del tempo. Lui aveva sempre L. al suo fianco. Anche L. è diventata un’amica. L. sorride sempre, e sapete anche voi quanto è bello stare con persone che sorridono sempre. Una volta, mentre mangiavamo in trattoria, ci ha raccontato che lei dorme più di Gerardo. Lui si sveglia presto, lei continua a dormire. A me piace pensare che questo suo dormire le serva per ricaricare il sorriso. Fa anche i pisolini. Anche la mia compagna li fa. Non c’è niente di male a fare i pisolini. Ecco, ora che ci penso, io e Gerardo amiamo entrambi una persona che fa i pisolini. Forse anche questo ci ha resi amici, chi lo sa? Io, comunque, se faccio i pisolini, mi ammalo. L. mi ha anche detto che ama Stefan Zweig. Io Zweig l’ho scoperto solo da poco. È stata una bellissima scoperta. Magari lo conoscete già. Magari no. Se non lo conoscete, potete ascoltarvi il racconto La collezione invisibile. L’ho letto ad alta voce proprio qui. Gerardo, con Utopia, pubblica autori contemporanei da tutto il mondo. Fa tradurre testi da lingue che uno penserebbe intraducibili. Eppure, oh, lui ci riesce. È un drago. Pubblica anche autori del Novecento, italiani come Ottiero Ottieri, Massimo Bontempelli, Grazia Deledda, Piero Scanziani, e stranieri come Sigrid Undset o Camilo José Cela. Adesso arrivo al punto. Ancora un attimo però. Di Piero Scanziani, sia io che Gerardo conosciamo la moglie. Si chiama Magì. Io penso che si chiami così perché è magi-ca. Ci vuole bene. Le vogliamo bene. Noi tre, ci vogliamo bene. Ma dicevo: Cela, Camilo José Cela. Sinceramente, io Cela, se non l’avesse pubblicato Gerardo, non l’avrei mai letto. E chi lo conosceva questo scrittore spagnolo? Di spagnoli, tra l’altro, ne leggo pochissimi. Eppure, quando avevo cinque anni, Cela ha vinto il Nobel per la letteratura. Mica una robetta. L’anno scorso sono stato a Madrid. Per caso sono passato davanti alla casa dove ha abitato Cela. Ho fatto una foto alla targa che la città gli ha dedicato (anche se Cela, in realtà, non era madrileno ma gallego) e gliel’ho mandata a Gerardo su WhatsApp. Per me Gerardo, d’ora in avanti, è anche Cela. Di Cela ho letto qualche giorno fa Padiglione di riposo, pubblicato – indovinate un po’? – da Utopia – bravi! Padiglione di riposo è il La Montagna incantata di Cela. Questa cazzata la dico io. Non andate in giro a ripeterla. È solo per farvi capire che parla di sanatori e tubercolosi. Padiglione di riposo è un libro molto, molto bello. Uscì inizialmente a puntate nel 1943, sul settimanale El Español. Per certi versi, è un romanzo metanarrativo. Dico così perché ci sono dentro alcune note dell’autore che interrompono la narrazione. Sono prese di posizione sulla sua opera. Una, per esempio, si intitola Nota dell’autore, prima di continuare, poi c’è anche Altra nota dell’autore, che interrompe la narrazione prima di fare anche solo un passo avanti. Entrambe parlano di un tema che mi sta a cuore: è giusto scrivere di un malato di tubercolosi, magari inventarselo, sapendo che poi verrà letto da persone malate – o anche sane – che rischiano di immedesimarsi nelle sue sofferenze e di starci ancora peggio? Vi dico la mia: non solo è giusto, è sacrosanto e fondamentale farlo. Ma ora sentite cosa pensava Cela, che son già andato lungo. Buon ascolto.  

Dimenticavo… Grazie Gerardo!   

Letto da: Padiglione di riposo, Utopia, Milano, 2024 (traduzione dallo spagnolo di Antonio Bertolotti) 

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