Il bebè che non aspettavo
Normalizzare la gravidanza criptica
20 Novembre 2023 – Nascita, Medical HumanitiesTempo di lettura: 10 minuti
20 Novembre 2023
Nascita, Medical Humanities
Tempo di lettura: 10 minuti
La negazione di gravidanza è un fenomeno piuttosto sconosciuto nella nostra società; in ambito medico questo evento è tuttora poco compreso e nel cinema e in letteratura – nonostante alcune eccezioni – è stato finora raramente rappresentato e studiato (Benm’Barek, 2018; Brougher, 2006; Dupontel, 2013; Garcia, 2019; Harris, 1992; Millet, 2019; Ayres e Manjunath, 2012; Rodgers, 2021). Come ci spiega la dott.ssa Alessandra Bramante, psicoterapeuta, criminologa clinica e studiosa di questo fenomeno, una definizione chiara e univoca non esiste: «con il termine negazione di gravidanza – pregnancy denial nella letteratura anglosassone – si intende l’inconsapevolezza di essere incinta per un periodo che deve estendersi ad almeno le prime 20 settimane di gestazione. Va distinta dalla gravidanza nascosta, ossia quando una donna è consapevole di essere incinta ma non lo rivela a nessuno, non sottoponendosi a cure prenatali. In questo momento c’è un importante dibattito internazionale sull’argomento al fine di modificare il termine “negazione” in quanto la parola stessa indica qualcosa di intenzionale. Nella gravidanza negata, invece, non c’è intenzione da parte della donna, ma inconsapevolezza dello stato gravidico. Quindi è preferibile parlare di “gravidanza non percepita”, termine scevro dal concetto di intenzionalità».
In un recente saggio, Understanding the Trauma of Pervasive Pregnancy Denial in L’enfant que je n’attendais pas (2021), Julie Anne Rodgers analizza il telefilm francese diretto da Bruno Garcia nel 2019, approfondendo proprio la rappresentazione della gravidanza negata. Nella finzione, Johanna – ignara di essere incinta – viene colpita da terribili crampi allo stomaco e partorisce inaspettatamente un bambino nel bagno di casa sua. Senza realizzare che cosa è successo, mette il neonato in un sacchetto di plastica e lo getta nel cassonetto della spazzatura. Il bambino viene salvato, ma la madre è accusata di tentato neonaticidio. L’aspetto sorprendente di questo film riguarda le caratteristiche della protagonista che nulla hanno in comune con le donne che – secondo uno stereotipo diffuso – potrebbero vivere l’esperienza di una gravidanza non percepita: Johanna è responsabile, in una relazione stabile, realizzata professionalmente e non soffre di disturbi mentali. Inoltre, essendo madre di una bambina di nove anni, ha già portato a termine con successo una gravidanza in maniera consapevole. La maggior parte delle persone che guarda il film, avendo poche conoscenze pregresse di questo fenomeno, potrebbe dimostrare scetticismo, ritenendo che la rappresentazione di questa protagonista sia poco credibile. Sembra, infatti, impossibile che una donna che ha partorito in precedenza non si accorga di essere incinta e non riconosca i segnali del travaglio. In realtà, come spiega Bramante, la situazione descritta nel film è assolutamente plausibile poiché «il diniego della gravidanza può presentarsi anche nelle donne multipare e non più giovani. Quindi quando iniziano ad avere le contrazioni e forti dolori alla pancia credono di avere bisogno di andare in bagno e per questo motivo quasi sempre il parto avviene sul water di casa o di un bagno pubblico».
Scegliendo di rappresentare una donna “normale”, sulla quarantina, istruita, appartenente al ceto medio, sposata e già madre, il film decostruisce volutamente uno stereotipo diffuso e impreciso, dimostrando che in realtà il fenomeno della gravidanza criptica può riguardare tutta la società (Rodgers, 2021). Come fa notare Rodgers, inoltre, la negazione di gravidanza è di solito un fenomeno collettivo, condiviso dalle persone vicine alla madre. Nel film, nessuno si accorge dello stato interessante e dei cambiamenti che avvengono nel corpo di Johanna, neppure il marito fisioterapista. Questo non sorprende se si pensa che spesso sono i medici stessi a non riscontrare la gravidanza in corso. Se può risultare difficile credere che una donna, soprattutto se è già stata incinta in passato, non percepisca i movimenti fetali e i cambiamenti all’interno del suo corpo, si deve considerare che – come spiega Bramante – «i principali sintomi che presentano le donne con negazione della gravidanza sono: aumento di peso minimo o assente, assenza di nausee mattutine, perdite di sangue simili al ciclo mestruale, nessuna sensazione di movimento fetale e a volte anche test di gravidanza negativi». Inoltre, aggiunge la studiosa, «anche le donne multipare possono non realizzare che i sintomi sono relativi ad una gravidanza e il contesto familiare e gli stessi professionisti sanitari falliscono nel riconoscere l’esistenza di una gravidanza in atto. Spesso queste donne hanno avuto contatti con dei medici nel corso della gestazione, senza però ricevere una diagnosi di gravidanza. Questo non riconoscimento dello stato di gravidanza da parte del professionista sanitario e del contesto sociale allargato di appartenenza viene solitamente denominato “contagio del diniego”».
È oltremodo allarmante notare che il fenomeno è più diffuso di quanto si creda. La prevalenza della negazione di gravidanza è di 1 caso su 475 fino alla ventesima settimana di gestazione (Del Giudice, 2007) e di 1 su 2455 dalla ventesima settimana al momento del parto (Wessel & Buscher, 2002; Kenner e Nicolson, 2015). Uno studio francese parla di un caso su 1000 (Pierronne et al., 2002) mentre, in una ricerca avvenuta in Galles, di 1 su 2500 nascite (Nirmal et al., 2006). Bramante aggiunge che «in Germania l’evento sembra essere più frequente della nascita di tre gemelli, della rottura uterina o dell’eclampsia».
Altro aspetto significativo per decostruire uno stereotipo comunemente associato al fenomeno riguarda il fatto che nelle donne che sperimentano una gravidanza negata non sempre è riscontrabile la presenza di una patologia psichiatrica. Poco si sa sulle ragioni che scatenano tale comportamento che, come informa Bramante, «potrebbe scaturire da un periodo di forte stress, così come da caratteristiche o disturbi della personalità». Ad ogni modo, continua la studiosa, «anche se non c’è patologia, dobbiamo comunque tenere presente che si tratta sempre di eventi nascita traumatici. Queste donne partoriscono nel bagno, l’inizio del travaglio non viene riconosciuto e le contrazioni spesso vengono fraintese. Al momento della nascita si verificano eventi di depersonalizzazione e/o derealizzazione. La mente della donna, che non sapeva di essere incinta, si dissocia. L’evento improvviso determina uno stato di shock emotivo e a volte anche uno stato di debolezza che può provocare la perdita di sensi, di durata non quantificabile, a cui può seguire l’involontaria mancanza di cure verso il neonato».
Considerando che le donne colpite non sanno di essere incinte e, di conseguenza, non si sottopongono a cure prenatali, è difficile intervenire in maniera preventiva. Per questo, è fondamentale fornire un percorso psicologico e psichiatrico che accompagni queste madri nel periodo successivo al parto, in modo da aiutarle a creare un legame con il proprio bambino e affrontare eventuali gravidanze successive in modo sereno e consapevole. È inoltre importante contribuire a far conoscere meglio questa realtà, così come la portata di questo evento, per evitare di criminalizzare e patologizzare automaticamente tutti questi comportamenti o rappresentare le protagoniste alla stregua di mostri.
Bramante e Rodgers si trovano d’accordo sul fatto che uno dei pregi di questo film è quello di offrire una riflessione sensibile e impegnata sulle ripercussioni di una gravidanza negata, non solo per la madre-vittima, ma anche per la famiglia allargata e, in una certa misura, per la società in generale. Nel film, infatti, è descritta una famiglia normale, la cui normalità viene distrutta da una gravidanza non percepita. Bramante ha apprezzato la normalizzazione della negazione di gravidanza proposta da Garcia in quanto contribuisce a divulgare l’idea che si tratti di «eventi che possono capitare anche a donne che hanno una vita normale e che non hanno un passato di malattia mentale», informando e sensibilizzando la società su una circostanza che, sebbene occasionale, potrebbe colpire chiunque.
Bibliografia
S. Ayres e P. Manjunath, «Denial and Concealment of Unwanted Pregnancy: ‘A Film Hollywood Dared Not To», in Journal of Civil Rights and Economic Development, Vol. 26, Winter 2012, Issue 2, pp. 197-221.
M. Del Giudice, «The Evolutionary Biology of Cryptic Pregnancy: A Re-Appraisal of the Denied Pregnancy Phenomenon», in Medical Hypotheses, No 68, 2007, pp. 250-258.
W.D. Kenner e S.E. Nicolson, «Psychosomatic Disorders of Gravida Status: False and Denied Pregnancies», in Psychosomatics, Vol. 56, Issue 2, Mar-Apr 2015, pp. 119-128.
D. Nirmal et al., «The Incidence and Outcome of Concealed Pregnancies Among Hospital Deliveries: An 11-year Population–based Study in Glamorgan» in Journal of Obstetrics and Gynaecology, Vol. 26, No 2, 2006, pp. 118–121.
C. Pierronne et al., «Le dénis de grossesse à propos de 56 cas observés en maternité», in Perspectives Psy, Vol. 41, No 3, pp. 182-188.
J. A. Rodgers «Understanding the Trauma of Pervasive Pregnancy Denial in L’enfant que je n’attendais pas», in Trauma and Motherhood in Contemporary Literature and Culture, a cura di L. Lazzari e N. Ségeral, Palgrave Macmillan, Cham, 2021, pp. 13-30.
J. Wessel J e U. Buscher, «Denial of Pregnancy: Population Based Study», in BMJ, Vol. 324, 23 Feb 2002, p. 458.
Filmografia
M. Benm’Barek, Sofia, Curiosa Film, Versus Production, Francia, Belgio, Quatar, Marocco, 2018.
H. Brougher, Stephanie Daley, RedBone Films, Silverwood Films, Stati Uniti, 2006.
A. Dupontel, Neuf mois ferme, ADCB Films, France 2 Cinéma, Francia, Belgio, 2013.
B. Garcia, L’enfant que je n’attendais pas, Pampa Production, Francia, 2019.
L. Harris, Just Another Girl on the I.R.T, Truth 23 F.P.S, Stati Uniti, 1992.
E. Millet, La brindille, Thelma Films, Manchester Films, Canal, Francia, 2019.
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