Il ruolo delle case per anziani in un mondo che invecchia

Le proiezioni future e gli indirizzi strategici concordano nell’indicare che, in futuro, le case per anziani avranno a disposizione meno letti in proporzione all’invecchiamento demografico. Una sfida, quella del fabbisogno, che per essere affrontata non può prescindere da esplorare nuove modalità di interazione e suddivisione dei compiti con il mondo ospedaliero. 

Negli ultimi mesi pianificazione è una parola molto in auge nel mondo sanitario alle nostre latitudini. Da una parte, il Gran Consiglio ha recentemente approvato la Pianificazione integrata LAnz-LACD 2021-2030, che costituisce il documento strategico di riferimento per case per anziani e settore delle cure a domicilio; dall’altra, fervono i lavori per ridefinire la pianificazione ospedaliera con orizzonte 2032. Non stupisce quanto sia centrale pensare al futuro sanitario in un Cantone dove, sulla base degli scenari elaborati dall’Ufficio federale di statistica, si prevede che nel 2032 ci saranno 11.653 residenti sopra gli 80 anni in più rispetto al 2019 (+46,8%) e una riduzione della popolazione professionalmente attiva (40-64 anni) di 13.723 unità (-10,5%). Un cambiamento di una portata tale da non poter essere affrontato con un semplice aumento della spesa, ma che richiede un ripensamento profondo dei ruoli e degli equilibri tra gli attori del sistema.  

Le case per anziani sono, inevitabilmente, tra i soggetti più direttamente toccati da tale evoluzione. Avere meno posti a disposizione, in relazione all’accresciuta popolazione anziana, significherà accogliere nelle 68 strutture del Canton Ticino una maggior quota di residenti con un minor grado di indipendenza, o con una situazione clinica più complessa. Questa mutata situazione avrà necessariamente ripercussioni in tema di fabbisogno di risorse, personale e competenze. Il nostro settore si è da tempo chinato sul problema, arrivando ad elaborare alcuni possibili interventi per affrontare al meglio gli scenari che si prospettano. 

 

1. Rafforzare la formazione del personale delle case per anziani 

Dover gestire una percentuale di residenti con un quadro clinico più acuto significa dotarsi di più personale e con le competenze necessarie per valutare e gestire situazioni complesse. Una sfida non semplice, in un territorio dove già oggi si fatica a reclutare personale qualificato. Una strada per ovviare al problema è certamente quella della formazione, per la quale si dovrebbe agire, ancor più di quanto si faccia oggi, a due livelli: innanzitutto è fondamentale migliorare e incentivare la formazione di base, per attrarre le future generazioni verso la professione e, al contempo, produrre professionisti sempre più competenti; parallelamente bisogna lavorare sulla formazione continua del personale attuale, ampliando e rafforzando l’offerta formativa, se non l’obbligo formativo, per chi lavora nelle strutture per anziani.  

 

2. Potenziare il seguito medico specialistico nelle strutture, anche attraverso la collaborazione con il mondo ospedaliero 

Accogliere residenti con quadri clinici complessi significa aumentare il fabbisogno di competenze mediche specialistiche. Ricorrere, per ogni necessità, ai reparti geriatrici degli ospedali non sembra essere la soluzione appropriata né per i residenti, per i quali i trasferimenti frequenti in ospedale, gli spostamenti, il cambio delle persone di riferimento, rappresentano spesso dei traumi che minano i loro punti di riferimento, né dal punto di vista amministrativo, poiché le procedure di dimissione e riammissione, oltre a richiedere lavoro burocratico, rendono meno efficiente la gestione della struttura e l’occupazione dei letti. Una strada più percorribile potrebbe essere quella di una supervisione specialistica direttamente nelle case per anziani, magari gestita attraverso una collaborazione più stretta proprio con i reparti geriatrici degli ospedali.  

I vantaggi clinici e finanziari potrebbero essere notevoli. Da una parte, una presa a carico immediata della situazione non può che portare benefici al residente; dall’altra, una degenza in casa anziani è meno costosa di una degenza ospedaliera. Inoltre, dal punto di vista formativo, adottare nuove logiche di collaborazione tra case e ospedali consentirebbe di essere attrattivi per i medici assistenti che diventeranno geriatri, una specializzazione destinata a diventare più rilevante con l’invecchiamento della popolazione. 

In sintesi, percorrere una strada di questo tipo non significherebbe trasformare le case per anziani in piccoli ospedali, anzi consentirebbe di ottimizzare l’utilizzo delle risorse, evitando, da un lato, di sovraccaricare gli ospedali e, dall’altro, di costringere le case per anziani a dotarsi di personale medico ulteriore 

 

3. Garantire la prossimità, elemento chiave in ambito geriatrico

In termini di pianificazione sanitaria, la ricerca di un nuovo baricentro tra prossimità e centralizzazione è un tema chiave. Per chi si occupa dell’ultima stagione della vita delle persone, la prossimità è certamente un elemento più rilevante. Diversamente da ambiti molto specialistici, infatti, fattori quali la vicinanza con i parenti, la conoscenza della storia clinica e famigliare, le possibilità di visita, sono fattori decisivi. Riteniamo importante che la geriatria resti di prossimità, puntando piuttosto su una rafforzata collaborazione tra gli attori del territorio. 

 

4. Sviluppare nuove soluzioni per la gestione degli anziani “psichiatrici”. 

Spesso le case per anziani si trovano a gestire “giovani anziani”, appena in età AVS, con problemi psichiatrici. La coesistenza di questa categoria con gli altri residenti non è sempre facile, dal momento che le strutture e le competenze in casa anziani non sono sempre adeguate. Riteniamo possa essere utile ragionare su una riflessione a livello di sistema, creando, ad esempio, servizi su scala regionale o mini reparti dedicati all’interno delle case anziani sotto la supervisione di una clinica specializzata. Oltre a consentire una migliore presa a carico di tali residenti, optare per soluzioni di questo tipo consentirebbe di sgravare le strutture acute.  

 

5. Avere una visione sistemica delle pianificazioni in ambito sanitario  

Il mondo oggi è talmente complesso e interconnesso che affrontare la valutazione del fabbisogno sanitario a compartimenti stagni rischia di non portare a risultati ottimali. Per questo crediamo sia opportuno, in futuro, trattare la pianificazione ospedaliera congiuntamente alla pianificazione integrata LAnz – LACD. Adottare un approccio più sistemico non deve essere soltanto un tema di pianificazione: siamo profondamente convinti, infatti, che i momenti di scambio di esperienze, visioni e giudizi tra i vari attori del mondo sanitario siano passi imprescindibili verso un miglioramento del coordinamento delle cure, essenziale oltre che per migliorare la qualità delle stesse, per rendere più sostenibile un sistema sanitario che affronta la sfida epocale di una popolazione che invecchia 

 

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