Il silenzio nel diritto (sanitario)
Parte 1
20 Gennaio 2025 – Legge, ComunicazioneTempo di lettura: 15 minuti
20 Gennaio 2025
Legge, Comunicazione
Tempo di lettura: 15 minuti
Premessa
Questo contributo è composto da due parti. La prima, questa, prende spunto da riflessioni giuridiche generali sul silenzio per concentrarsi poi su un aspetto a esso legato, cioè il segreto. La seconda, in una prossima pubblicazione, indagherà due aspetti specifici del silenzio in ambito sanitario e, meglio, il silenzio del paziente, nella sua emanazione giuridica del consenso tacito, come pure il silenzio dell’operatore sanitario, focalizzato sul privilegio terapeutico.
Introduzione
Il silenzio, riprendendo le parole della filosofa Francesca Rigotti, «non è un negativo – non è non-suono né non-parola» (Rigotti, 2020). Anzi, «è dal silenzio che nasce la parola» (Rigotti, 2020). Ed è proprio perché, nonostante la passività che lo caratterizza, il silenzio è un elemento primario, che merita attenzione anche in ambito giuridico.
Il silenzio in diritto
L’incipit del Vangelo di Giovanni illustra l’importanza – religiosa e, poi, culturale – della parola: «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (rif. qui). E il diritto non poteva certo essere immune a questa formulazione. Per riprendere le riflessioni di Gérard Timsit, filosofo del diritto, la legge è oggetto di parola, di scrittura e di silenzio: la parola manifesta una volontà, essa cioè “predetermina” la legge; la scrittura “codetermina” la legge, per il tramite dell’interpretazione e dell’esecuzione della stessa e, infine, il silenzio “sovradetermina” la legge, siccome esso è la somma dei valori e delle usanze che condizionano l’accettazione della legge da parte delle cittadine e dei cittadini (Timsit, 1991 e 1993).
Di principio, l’essere umano comunica con le parole. E anche il diritto consacra questo aspetto attivo: già a livello di diritto internazionale e costituzionale la libertà di espressione è una libertà fondamentale [1]. Limitazione di questo diritto, nell’ambito dei media, è la censura, ossia il silenzio imposto [2].
Ma il diritto tematizza il silenzio.
Espressione forse più conosciuta del silenzio nel corpus giuridico – perdonerà il lettore l’ossimorico gioco di parole – è il diritto di non rispondere dell’imputato nell’ambito di una procedura penale e, quindi, di restare in silenzio. Esso è retto all’art. 113 cpv. 1 del Codice di procedura penale [3], che recepisce nel diritto processuale penale svizzero l’adagio nemo tenetur se ipsum accusare. Se non che, volgendo lo sguardo verso l’apice della piramide giuridica, seguendo una fortunata metafora – quella della piramide, appunto – proposta da Hans Kelsen (Kelsen, 2000 [1934]; Papaux/Cerutti, 2020), né la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, né la Costituzione svizzera contengono, nei loro articoli, la parola silenzio.
Nel Codice civile, il silenzio – se cercato come lessema nel testo italiano – compare una sola volta [4]: all’art. 517 cpv. 2, articolo che tratta della nomina degli esecutori testamentari. L’articolo prevede che, per quanto riguarda l’incarico conferito dal testatore, il silenzio dell’interessato, ricevuta comunicazione del compito al quale egli è stato designato, vale accettazione. Sempre nel diritto privato e, meglio, nel Codice delle obbligazioni, il silenzio è menzionato in una sola disposizione: l’art. 177 cpv. 1 relativo all’accettazione, da parte del creditore, di un’assunzione di debito [5].
Il linguaggio giuridico preferisce, per definire il silenzio, l’aggettivo tacito. Articoli paradigmatici sono l’art. 1 cpv. 2 del Codice delle obbligazioni (CO) [6] e l’art. 6 CO. [7]. L’art. 1 cpv. 2 CO, vero e proprio pilastro del diritto privato svizzero, tratta della conclusione dei contratti, e prevede ch’essi si possono perfezionare anche in maniera silenziosa, tacita. Il principio, anche in diritto svizzero, è che qui tacet consentire non videtur (Morin, 2021). Tuttavia, per eccezione alla regola, se le parti si sono invece accordate di conferire al silenzio un valore di manifestazione di volontà esplicita, esso le vincola: i contraenti possono ad esempio stipulare che l’offerta di uno di essi sarà considerata accettata se l’altro non la contesta entro ventiquattro ore (Morin, 2021).
Anche qualora le parti non adottino una convenzione sulla portata del silenzio, in virtù del cosiddetto principio dell’affidamento, nelle circostanze in cui la buona fede lo impone, il silenzio di una persona può configurare dal profilo giuridico una manifestazione di volontà (art. 6 CO; Morin, 2021).
Si pensi, a titolo illustrativo, a colui che accetta senza formulare alcuna riserva e durante un lungo periodo di tempo delle prestazioni che gli vengono fornite in assenza di un contratto, ad esempio il locatore che – dopo aver disdetto il contratto di locazione – lascia che il locatario conservi l’uso della cosa locata e paghi la pigione per diversi mesi, creando l’apparenza di accettare per atti concludenti l’offerta del locatario di concludere un nuovo contratto di locazione (Morin, 2021; Zellweger-Gutknecht, 2020).
In ambito sanitario, la Legge sulla promozione della salute e il coordinamento sanitario (legge sanitaria, LSan) è silente sul silenzio. All’art. 7 cpv. 3 tratta, nondimeno, del consenso tacito [8]. Rovescio della medaglia, l’art. 6 cpv. 1 i.f. della medesima legge evoca il privilegio terapeutico [9]. Questi due temi, come anticipato, saranno esaminati nel prosieguo di questo articolo, mentre in questa prima parte di contributo ci si concentrerà su un altro aspetto del silenzio che ha un impatto in diritto sanitario: il segreto.
Silenzio e segreto
Lo abbiamo visto: il diritto conosce il silenzio e – a volte – gli conferisce una portata giuridica. In alcuni casi, il diritto addirittura lo impone. Archetipo di questa misura è il segreto, e la sua correlata: la discrezione.
Il segreto ha varie sfaccettature: segreto della confessione, segreto medico, segreto dell’avvocato, segreto dell’inchiesta, segreto bancario, segreti di fabbrica ecc. E a questa moltitudine corrisponde una pletora di persone: il parroco, il personale sanitario, l’avvocato, il procuratore pubblico e gli ausiliari, il banchiere, il lavoratore eccetera. Lo scopo del segreto è tutelare, da un lato, l’interesse pubblico e, dall’altro, quello privato, nel senso che chi si rivolge alle professioni testé menzionate si fida che quanto confidato – e qui appare il ruolo della fiducia – non sia rivelato (Chappuis, 2017)
Volgendo lo sguardo all’ambito sanitario, il segreto è tutelato in particolare dall’art. 321 del Codice penale, che punisce con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria i medici, i dentisti, i chiropratici, i farmacisti, le levatrici, gli psicologi, i fisioterapisti, gli ergoterapisti, i dietisti, gli optometristi, gli osteopati, i loro rispettivi ausiliari (ad esempio gli infermieri, il personale di laboratorio, la segretaria, ecc., cfr. Chappuis, 2017; Oberholzer, 2019) e gli studenti, che rivelano segreti loro confidati nell’esercizio della loro professione. Ma l’obbligo di serbare il segreto è previsto segnatamente anche dall’art. 20 LSan, così come dall’art. 40 lett. f della Legge federale sulle professioni mediche universitarie (LPMed), dall’art. 16 lett. f della Legge federale sulle professioni sanitarie (LPSan) e dall’art. 27 lett. e della Legge federale sulle professioni psicologiche (LPPsi).
Va inoltre rilevato che la violazione dell’obbligo di mantere il segreto medico è suscettibile di fondare un obbligo di risarcire il danno che ne derivasse per il paziente, e ciò sia in virtù dell’art. 41 CO (atto illecito) che dell’art. 398 CO (responsabilità del mandatario), fermo restando che – nel Cantone Ticino – la Legge sulla responsabilità civile degli enti pubblici e degli agenti pubblici (LResp) prevede che l’ente pubblico è responsabile del danno cagionato da un agente pubblico nell’esercizio di un’attività sanitaria in violazione dei compiti assegnati alla sua funzione (art. 7 LResp). In base all’art. 4 LResp, il danneggiato non ha invece azione contro l’agente pubblico (art. 4 cpv. 3 LResp).
L’obbligo di serbare il segreto medico, che persiste anche dopo la cessazione della professione sanitaria (cfr. art. 321 n. 1 CP), ha come obiettivo la protezione del paziente e dei suoi interessi. Si estende, di regola, ad ogni attività esercitata per il paziente (cfr. Chappuis, 2017). L’operatore sanitario è liberato dal segreto se il paziente lo ha svincolato, se vi è una base legale che lo obbliga a trasmettere informazioni, oppure se ha ottenuto lo svincolo dall’autorità competente cantonale, ovvero – nel Cantone Ticino – dal Medico cantonale (cfr. art. 321 CP in combinato disposto con l’art. 20 cpv. 3 LSan).
Conclusione
Il silenzio configura un comportamento passivo, ma non per questo sempre privo di significato né di conseguenze, anche in ambito giuridico.
Sebbene, come abbiamo visto nel primo capitolo del presente articolo, raramente il legislatore vi si riferisca espressamente, vi sono circostanze in cui anche il silenzio può costituire una manifestazione di volontà, suscettibile di vincolare contrattualmente la persona da cui emana. Non tutti i silenzi sono però tali per volontà della persona che non si esprime. Alcune informazioni sono infatti tutelate dall’obbligo di mantenere il segreto. Questo è il caso, in particolare, del segreto medico, imposto nel diritto svizzero da norme penali, civili e disciplinari.
La seconda parte del presente contributo, in una prossima pubblicazione, si concentrerà su due aspetti specifici del silenzio in ambito sanitario: il silenzio del paziente, inteso quale consenso tacito, e il silenzio dell’operatore sanitario, dal profilo del privilegio terapeutico.
Riferimenti
[1] Art. 10 della Convezione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU); art. 16 della Costituzione federale della Confederazione Svizzera (Cost.).
[2] Art. 17 cpv. 2 Cost. “La censura è vietata”.
[3] L’imputato non è tenuto a deporre a proprio carico. Ha segnatamente facoltà di non rispondere e di non collaborare al procedimento. Deve tuttavia sottoporsi ai provvedimenti coercitivi previsti dalla legge.
[4] In francese, oltre all’art. 517 cpv. 2 CC, il termine “silence” compare anche all’art. 588 cpv. 2 CC. In tedesco, invece, il termine “Stille” non è mai adoperato. Al suo posto si usa l’aggettivo “stillschweigend”.
[5] Art. 177 cpv. 2 CC che è anche l’unico articolo, nella versione francese, a usare il termine “silence”. Come nel Codice civile, anche nel Codice delle obbligazioni il legislatore germanofono non adopera “Stille”, ma l’aggettivo “stillschweigend”.
[6] «Tale manifestazione [di volontà reciproca e concorde, cfr. art. 1 al. 1 CO] può essere espressa o tacita».
[7] «Quando la natura particolare del negozio o le circostanze non importino un’accettazione espressa, il contratto si considera conchiuso se entro un congruo termine la proposta non è respinta».
[8] «Il consenso di cui al cpv. 1 può essere espresso anche in modo tacito per atti concludenti nel caso di prestazioni sanitarie non invasive o che non comportano un rischio rilevante per il paziente o che non sono suscettibili di invadere la sua sfera intima».
[9] «Solo nel caso l’informazione possa essere suscettibile di portare grave pregiudizio allo stato psicofisico del paziente o compromettere l’esito della cura, essa deve essere data ad una persona prossima».
Bibliografia
B. Chappuis in: Commentaire romand, Code pénal, vol II, Helbing Lichtenhahn, Basilea, 2017, n. 5 e 62 ad art. 321.
H. Kelsen, Lineamenti di dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino, 2000 (edizione originale 1934), pagg. 95 segg.
A. Morin in: Commentaire romand, Code des obligations I, Helbing Lichtenhahn, 3a edizione, Basilea, 2021, n. 11 e 89 ad art. 1 e n. 10 e 11 ad art. 6.
N. Oberholzer in: Basler Kommentar – Strafrecht, Helbing Lichtenhahn, Basilea 2019, n. 10 ad art. 321
A Papaux/D. Cerutti, Introduction au droit et à la culture juridique, vol. I, Schulthess Médias Juridiques SA, Ginevra/Zurigo/Basilea, 2020, pag. 84.
F. Rigotti, Buio, il Mulino, Bologna, 2020, pagg 91 seg.
G. Timsit, Les noms de la loi, Presses Universitaires de France (PUF), Parigi, 1991.
G. Timsit, Figures du jugement, Presses Universitaires de France (PUF), Parigi, 1993.
C. Zellweger-Gutknecht in: Basler Kommentar – Obligationenrecht I, Helbing Lichtenhahn, Basilea 2020, 19 ad art. 1
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