Incapacità di discernimento permanente e disabilità

Aspetti etici della sterilizzazione 

Gli aspetti etici di una sterilizzazione, intervento irreversibile con effetti permanenti sul corpo delle persone, non sono pochi. Posso portare le mie esperienze, il mio vissuto, in questo delicato frangente, dove il medico chirurgo è l’autore ultimo di un gesto discusso e valutato sotto vari aspetti. Mi chiedo anche, ma mi rispondo da sola, perché abbiano voluto chiedere ad una ginecologa e non ad un urologo, o meglio ad entrambi, di scrivere su un tema simile.   

Saranno sempre le donne con disabilità o meno a dover essere tutelate da una gravidanza non pianificata? Una gravidanza non gestibile per loro, né per chi le accompagna nel loro difficile percorso? I genitori di ragazzi con disabilità si pongono la stessa domanda di quelli di ragazze con disabilità?

Mi sono immaginata madre di un ragazzo con una disabilità permanente e mi sono posta la domanda se mai avrei pensato di sterilizzarlo, per tutelare lui, me o un’eventuale sorella/fratello senza disabilità?

Durante il mio cammino nella ginecologia mi sono trovata ad affrontare la situazione di assecondare la richiesta da parte di una madre, degli educatori e degli psichiatri di una giovane diciassettenne fisicamente sana, ma con un ritardo mentale tale che non le permetteva di decidere come proteggersi. Era una bellissima ragazza, piena di vita, con impulsi sessuali ben presenti come negli altri adolescenti. Non era in grado di gestire le conseguenze dei suoi desideri e di quelli degli altri e questo spaventava evidentemente sua madre. Viveva in foyer e non vi poteva essere un controllo costante su cosa facesse giorno e notte.  

Le alternative anticoncezionali per quella ragazza dal punto di vista ormonale non erano praticabili, pensare di metterle una spirale, senza che potesse capire cosa le si stesse facendo, era una violenza inutile che l’avrebbe protetta per un periodo troppo breve. L’opzione della sterilizzazione diventava così quella che sembrava naturale scegliere per lei. 

Ricordo che durante il colloquio con la madre anche lei era in difficoltà emotivamente, traspariva la difficoltà di dover decidere per un altro, di non essere certa di fare la cosa giusta. Vedeva, però, la figlia crescere e sapeva di non averne più il controllo, era molto spaventata dall’idea che potesse restare incinta suo malgrado. La sua era una richiesta di aiuto. Aveva discusso della sterilizzazione anche con gli educatori e i medici che si occupavano della ragazza, non era sola a portare il peso della decisione. La maggioranza aveva deciso per il bene della ragazza e convenuto che l’intervento fosse l’opzione più giusta. 

Non senza meditare, ho accettato di eseguire l’intervento. Tecnicamente si tratta di un intervento semplice con rischi minimi per la paziente, ma che richiede un’anestesia generale e lascia un malessere transitorio alla paziente che può durare circa 3-5 giorni. La sterilizzazione maschile è molto più semplice da effettuare, non necessita di un’anestesia generale e non dà gli strascichi di una laparoscopia come nelle donne. In questo caso la mia sensazione è stata quella di aver contribuito a proteggere la giovane donna da esperienze per nulla piacevoli come un’interruzione di gravidanza o una gravidanza non compresa con la nascita di un* figli* non pianificato e di cui non sarebbe stata in grado di occuparsi. La decisione è stata quella giusta per noi, speriamo anche per lei. 

In un altro caso è stato il medico curante di una paziente tossicodipendente grave a chiedermi di sterilizzarla.  La richiesta era per disperazione da parte sua ed evidentemente non realizzabile senza il consenso della paziente. Aveva già due figli in affidamento di cui non era in grado di occuparsi, era rimasta di nuovo incinta del terzo. La sua prima domanda all’ecografia di datazione è stata se il feto fosse di padre caucasico o africano. La sua preoccupazione era di portare avanti la gravidanza per tenersi almeno il terzo figlio. La gravidanza è stata difficile, le complicazioni per la madre e il bambino cresciuto in utero sotto metadone non sono state poche. La signora ha poi dovuto eseguire una sterilizzazione durante il terzo taglio cesareo prematuro con atonia uterina. Non avrebbe comunque sopportato una quarta gravidanza.  

Inizialmente i suoi curatori e tutori erano propensi a tentare un accompagnamento congiunto in una struttura specializzata per madri tossicodipendenti, purtroppo dopo alcuni mesi la signora ha avuto una ricaduta con assunzione di cocaina e anche il terzo figlio è stato dato in affidamento. Questo secondo esempio non è forse così pertinente perché non tratta di una paziente con disabilità permanente, ma di sicuro con dubbia capacità di discernere suo malgrado. 

Consigliare e accompagnare le persone a prendere decisioni sulla loro salute è qualcosa che mi appartiene e faccio con grande piacere. Decidere per loro invece mi viene difficile.

Lo vivo con mio figlio, per il quale abbiamo dovuto prendere già diverse decisioni su come gestire la sua salute da quando era molto piccolo. Cerchiamo sempre di fare quello che riteniamo meglio per gli altri, soprattutto per i nostri figli, ma non siamo noi a subirne davvero le conseguenze. Per fortuna adesso Leo è in grado di decidere e di poter dare o meno il suo accordo su cosa fare per la sua salute e, come mamma, vedo quanto questo mi alleggerisca dal senso di responsabilità nei suoi confronti, pur essendoci e supportandolo nel suo cammino. Non tutti i genitori hanno la fortuna di avere figli che saranno autonomi e indipendenti. 

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Una risposta a “Incapacità di discernimento permanente e disabilità”

  1. Luisa

    Cara Sophie, grazie per questo contributo, che a partire dalla tua esperienza professionale, mi porta a sentire forti anche i tuoi dubbi etici, prima per i pazienti e al contempo anche per la tua famiglia.
    Trovo particolarmente significativo il tuo incipit: la riflessione sull’oggetto della sterilizzazione. Donna? Uomo? Grazie

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Un pensiero su “Incapacità di discernimento permanente e disabilità

  1. Luisa dice:

    Cara Sophie, grazie per questo contributo, che a partire dalla tua esperienza professionale, mi porta a sentire forti anche i tuoi dubbi etici, prima per i pazienti e al contempo anche per la tua famiglia.
    Trovo particolarmente significativo il tuo incipit: la riflessione sull’oggetto della sterilizzazione. Donna? Uomo? Grazie

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