La collezione invisibile

Un racconto di Stefan Zweig, letto ad alta voce, a cento anni dalla sua prima pubblicazione 

Ti ho portato una cosa, tieni, non te lo posso lasciare perché mi serve, me lo devi ridare, però sarei curiosa se lo leggessi perché secondo me questo ti può piacere, è roba tua. Io l’ho amato molto, mi ha ricordato, per certi aspetti, Nel museo di Reims di Daniele Del Giudice.  

Sulle prime ho pensato: ma questa per chi mi ha preso? Me lo devi ridare? Sarà che noi lettori – che sineddoche scema “lettori” e che nervi quelli che eh tu sei un gran lettore, sì, un lettore CD mi verrebbe da dire – abbiamo da una parte, una spinta a condividere, prestare, diffondere in ogni modo le cose che leggiamo, dall’altra però cazzo me lo ridai, te lo tieni il giusto, godi come ho goduto io e poi mi fai la cortesia di sbatterti quel minimo e ridarmelo, che deve stare in zona mia, devo averlo a portata di mano quel libro lì, chissà mai che arrivino le cavallette, le tempeste di sabbia tipo Dune, l’apocalisse zombie e io non posso sfogliarlo per l’ultima volta prima di sparire per sempre.  

Comunque, questa lei che mi presta ma me lo devi ridare ha un nome e un cognome, Roberta Frugoni si chiama, immigrata dal nord Italia in Ticino “per amore”, non come me che pure sono immigrato dal nord Italia ma più prosaicamente “per lavurà”, esperta di comunicazione e presidente di un’associazione che si chiama ilfilo.ch che adesso mi fate la cortesia di andare subito a vedere di cosa si tratta perché dai, su, un po’ di quella roba lì, eh…    

Roberta, nonostante l’approccio Hey, cocco, vedi di non fregarmi i libri, è diventata a brevissimo una nuova amica. La colpa stavolta è della Fondazione Sasso Corbaro e dei suoi eventi perché io e lei ci siam conosciuti proprio a uno di questi, uno organizzato alla biblioteca Cantonale di Bellinzona (vedete cosa vi perdete ad andare a fare Pilates?) e a qualche altra bislacca coincidenza che per un secondo mi ha fatto pensare che… no niente, scherzavo, torno il gretto materialista che sono, insomma ci siam conosciuti così, destino (mannaggia come vi piace!) o non destino, punto. 

Ah, e comunque, per la cronaca, il libro in questione le è già tornato. Però, eh ma che bomba. Maronna che chicca che ha tirato fuori Roberta – gratitudine infinita Roberta, sappilo! – perché questo racconto di Stefan Zweig, La collezione invisibile, è davvero la letteratura della letteratura, e il buon Stefan aveva il passaporto dello Stato di Grazia… mamma che chicca, che chi-cca! 

E così, sull’onda dell’entusiasmo – oh ragazzi, qui siamo veramente agli ottomila della letteratura, sull’Annapurna della letteratura che parla di malattia, manca il fiato – io, ve l’ho letto. Per me è clamoroso, cla-mo-ro-so. Son 35 minuti, voi vi mettete le cuffie, le scarpe da ginna, il giacchino antivento e andate a farvi una passeggiata. Prima di partire, schiacciate play. Poi mi dite.  

Letto da: La collezione invisibile, Pagine d’Arte, Tesserete, 2015 (traduzione dal tedesco di Anna Ruchat) 

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