La relazione: elogio all’apertura
Riflessioni sulle predisposizioni legate al sapere essere e al saper stare dei professionisti delle relazioni di Cura
22 Maggio 2025 – Relazione, ComunicazioneTempo di lettura: 8 minuti
22 Maggio 2025
Relazione, Comunicazione
Tempo di lettura: 8 minuti
Chi sono io, e chi sarà l’Altro? Nella danza relazionale si trovano risposte incomplete che vengono continuamente rimodellate e nascono in continuazione nuove domande. Colui che si trova di fronte a me è un avversario da battere? Una persona con cui collaborare? Qualcuno che necessita di essere ascoltato?
Come posso io essere autentico di fronte all’Altro, se il mio sistema pone degli elementi barriera nella relazione?
Porsi delle domande è l’inizio dell’introspezione in quanto stare in relazione significa fare continuamente un lavoro di chiarificazione circa la propria posizione rispetto al prossimo. È possibile che il professionista non potrà mai darsi delle risposte chiare, ma ogni domanda è un passo verso una comprensione più significativa. “Perché sono qui, oggi, con questa persona?”. Eric Berne, noto psichiatra canadese, se lo chiedeva continuamente, di fronte ai suoi pazienti: “E lui, perché oggi sta qui?”.
Comprendere che cosa sta succedendo è fondamentale non solo per chi opera nella relazione di aiuto, ma per tutti i cittadini.
Noi siamo continuamente in relazione con il prossimo: la madre, il figlio, il vicino di casa, il datore di lavoro.
Se si pone l’accento sulla relazione professionale di Cura, però, è ancor più necessario per il professionista svolgere un continuo lavoro di ricerca del Sé rispetto all’Altro. Comprendere dove ci si pone permetterà di legittimare un’autentica accoglienza. Questo significa anche avere bene in chiaro la propria posizione professionale, ridefinendo, se necessario, i propri obiettivi e mantenendo limiti sani. Per poter comunicare “io, come professionista, devo dirle che…” è meglio, a tutti gli effetti, aver prima costruito una relazione di fiducia. Per far ciò, servono accorgimenti di apertura e di accoglienza.
Innanzitutto, la domanda iniziale di Berne “perché sono qui in questo momento?”, comprende implicitamente gli interrogativi: “sono in grado ora di prendermi Cura?”. “Ho fatto spazio dentro me?”. Si è descritta in lungo e in largo l’importanza del setting, ma raramente si riflette sul setting interno. Porsi queste domande significa crearsi uno spazio intimo di apertura a Sé e ascolto rispetto alle proprie sensazioni ed emozioni.
Ricentrarsi prima di entrare in relazione significa trovare il proprio posto e permettere in questo modo l’accoglienza.
Perciò è anche fondamentale porsi in ascolto del proprio corpo, visualizzare le proprie immagini interiori. Questo permette di distinguere ciò che è proprio rispetto a ciò che appartiene all’Altro. Il Modus Amoris presuppone una disposizione esistenziale che permette di aprirsi all’Altro partendo dal Se, in una prospettiva di incontro autentica. In Analisi Transazionale si parla pure di okness: un’accettazione umana per ciò che si è al di là di ciò che una persona può agire. Si tratta di un principio base di apertura professionale che delinea uno stato di accoglienza lontano dai pregiudizi.
Ho da sempre apprezzato la metodologia del counselling – una delle professioni dell’aver Cura – descritta da Milly De Micheli. L’autrice ha evidenziato una metodologia dello stare in relazione definendo delle competenze relazionali di base. Osservando ed individuando gli elementi costitutivi dello stare in relazione, De Micheli identifica delle potenzialità di apertura affinché l’Altro possa esprimersi pienamente. È sulle dimensioni dell’esserci nello spazio, nel tempo e nell’essere con che si fonda la possibilità curativa. Sono delle disposizioni concrete ma allo stesso tempo esistenziali che permettono di aprirsi al mondo. Oltre a queste disposizioni, De Micheli propone delle categorie che rappresentano i presupposti della relazione come l’importanza del silenzio, dell’attenzione, della sospensione dei propri quadri di riferimento, dello scambio delle parti profonde di Sé, dell’intenzionalità reciproca dello stare insieme e dell’apertura all’essere. Questa apertura alla profondità della propria esistenza presuppone anche un’accoglienza rispetto al mondo dell’Altro. È così che si può instaurare una possibilità di scambio autentica che conduce continuamente ad una nuova comprensione di Sé (questo da entrambe le parti). Ciò porta a potenzialità e risorsa perché non solo si offrono parole, ma vissuti ed emozioni. Si crea così un essere-con che porta facilitazione nell’espressione dell’essenza più profonda con conseguente postura più sciolta.
Il senso delle domande che ci si pone a Sé stessi diventa una domanda posta al prossimo ed infine diviene “Cosa ci possiamo dare reciprocamente?”. Ciò avviene, a livello sottile, anche nella relazione di Cura perché si tratta di qualcosa di duplice. Non solo si dà, ma si può anche ricevere. Ciò comporta meraviglia, perché ogni relazione crea un senso dell’incontro differente.
Vi saranno altri contributi relativi alla tematica relazionale. Il riferimento verterà attorno al tema del bisogno rispetto al desiderio e vi sarà pure una riflessione circa il tema del riconoscimento del prossimo. Vi sarà un ulteriore contributo, più personale che prettamente educativo, e questo riguarderà una visione poetica rispetto al tema delle relazioni.
Bibliografia
V. Soana, M. De Micheli, I fondamentali del counseling, le basi teoriche e metodologiche del processo, Edizioni San Paolo, Milano, 2022, p. 5
E. Berne, Ciao!… E poi? La psicologia del destino umano. Bompiani, Milano, 1979, p.23
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