L’Uomo del domani

Il becco del pellicano

Aurélie Coulon su Le Monde (Le Temps) dello scorso 2 novembre spiega che gli organoidi cerebrali sono delle culture in 3D di tessuti vivi encefalici che permettono di creare in laboratorio un modello di cervello e, se si aumenta il loro potenziale di maturazione, possono essere trapiantati nei cervelli di ratti neonati, in seguito colonizzati da cellule umane. Sergiu Pasca, ricercatore e medico dell’Università di Stanford giustifica questa nuova metodologia scientifica «per arrivare a capire le malattie psichiatriche fissate nel cervello a un livello molecolare e, quindi, trovare delle terapie appropriate: in definitiva, si costruisce un modello di cervello in modo non invasivo, anche perché il cervello è un organo di difficile accesso».

L’uso dei neonati dei ratti consente di trapiantare gli organoidi nella corteccia somato-sensoriale quando il loro sistema nervoso sta ancora maturando, permettendo di migliorare la connettività neuronale. I risultati di questa esperienza sono stati pubblicati nella rivista Nature del 12 ottobre 2022 e dimostrano che i neuroni degli organoidi impiantati rispondono agli stimoli esterni ed emettono dei segnali interni. In pratica, si tratta di animali con un cervello in parte di uomo e in parte di ratto. I ricercatori di Stanford hanno potuto escludere l’esistenza di crisi epilettiche, deficit di memoria o alterazioni del comportamento di queste “chimere”, ma non tutti gli scienziati che lavorano sugli organoidi sono sicuri di poter escludere eventuali complicanze di questi esperimenti, soprattutto rispetto a possibili modificazioni irreversibili dello stato di coscienza.

Alysson Muotri, dell’Università di San Diego, nel 2019 aveva annunciato sulla rivista Cell Stem Cell di «aver creato un organoide della corteccia umana che produceva delle onde simili a quelle osservate nel cervello di un feto prematuro»: la complessità etica di queste ricerche ha condotto Muotri a creare un formulario apposito di “consenso informato” per le persone disposte a donare le proprie cellule per produrre organoidi cerebrali. Ci sembra interessante sottolineare che, secondo Muotri, la maggior parte delle persone accettano questo tipo di donazione. Certo è che il dilemma etico di questa nuova disciplina non si limita alla definizione dello statuto dei donatori di materiale biologico cerebrale, ma coinvolge almeno un aspetto essenziale della bioetica contemporanea, a sapere se la società debba cercare, legislativamente, di porre dei limiti, e quali, al progresso scientifico che avviene nei laboratori dove si “creano” organismi umani viventi allo scopo di ridurre la sofferenza umana, neutralizzando in futuro almeno i dolori delle malattie gravi.

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