Palliative care for business

Un racconto a puntate

“Palliative care for business” è il terzo episodio di un racconto a puntate che esplora le tensioni e le possibilità di incontro tra economia e cura.
Il primo episodio, “La firma e il silenzio”, si trova qui.
Il secondo episodio, “Il latte e la polvere”, si trova qui.
 
Con uno stile semplice ma denso di simboli, il racconto mette in scena le relazioni che si costruiscono (e si spezzano) attorno alla fiducia, al denaro, al linguaggio degli esperti, alla fragilità di chi si affida. Nel corso delle varie uscite – puntuali, ogni sabato mattina – seguiremo i personaggi e i loro gesti quotidiani per interrogarci su cosa significhi, oggi, prendersi cura in contesti apparentemente lontani dalla medicina.

«Ciao papà, come stai?».

«Eh, potrebbe andare meglio. Ho le banche con il fiato sul collo, i fornitori che mi chiedono quando pago le fatture scadute, i clienti che vogliono la merce e io che sono rimasto qui solo. Non riesco a stare dietro a tutto. Ma dai, non lamentiamoci, che nella vita c’è di peggio. Lo diceva sempre tua mamma, no?».

«Sì, è vero, che prima o poi passerà; anche se aggiungeva, citando Aldo, Giovanni e Giacomo, che sono trent’anni che lo diciamo».

Risero insieme, per un attimo.

«Ascolta, ti ho chiamato per capire come andava la situazione e sapere se posso fare qualcosa».

«Va come sempre, ultimamente. Ormai faccio pure fatica a rispondere al telefono, che non so mai se è qualcuno che chiede soldi o che vuole spiegarmi come si lavora e magari anche come si vive. Lavoro da cinquant’anni, sì, cinquantasette per l’esattezza, ho fatto il calcolo l’altro giorno, da quando avevo quattordici anni, ogni giorno, dalla mattina alla sera, tre settimane di vacanze all’anno, quando si chiudeva ancora tutti insieme, a Natale e a Ferragosto. Va beh, e mi devo sentire richiamare da uno che non avrà manco trent’anni e mi vuole spiegare come si fa il mio mestiere, che dovrei vendere, perché “non ci sono prospettive di crescita e manca liquidità”. Deve arrivare lui a dirmelo, il fenomeno. Ti fanno sentire come un ladro, che poi io manco li ho buttati via, i soldi intendo. Li ho investiti nel lavoro, ho pagato i tuoi studi e poi li ho dati a loro perché me li facessero fruttare; e poi è colpa mia se manca liquidità. Io ho cercato sempre di prendermi cura di questa fabbrica, dai trucioli di metallo fino ai grandi progetti, ogni sera pulivo con la scopa. Ora, ok che la responsabilità dell’investimento era mia e non è l’unico motivo per cui sono messo così, ma dico solo che se ci mettessero metà della cura, metà, di quando ti chiamano per proporti di dare i soldi a loro. Mi ricordano gli oncologi, quelli che avevano in cura la mamma. Tutti: “combattiamo, resistiamo, le siamo a fianco”. E poi quando le cose hanno iniziato ad andare male: “purtroppo non c’è più niente da fare”. Dal noi al niente, dalle promesse della ricerca al silenzio. E io manco ho le cure palliative. Dovrebbero inventarle: palliative care for business. Avrebbero successo, di sti tempi. Va beh, sto divagando. Tu come stai?».

«Non lo so, è che mi sento in colpa, sai, per quel consiglio e per non essere lì…».

Cosa ne pensi?
Condividi le tue riflessioni
e partecipa al dialogo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Desideri essere aggiornato sulle ultime novità dei Sentieri nelle Medical Humanities o conoscere la data di pubblicazione del prossimo Quaderno? Iscriviti alla nostra Newsletter mensile!

Iscriviti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *