Partorire in Ticino durante la pandemia
Le esperienze delle partorienti che emergono da uno studio
10 Luglio 2023 – Nascita, Casi clinici, Emergenza, RicercaTempo di lettura: 13 minuti
10 Luglio 2023
Nascita, Casi clinici, Emergenza, Ricerca
Tempo di lettura: 13 minuti
Violenza ostetrica e trauma da parto sono più diffusi di quanto si pensi: in Svizzera un parto su tre è vissuto in modo traumatico (Deforges et al., 2020), mentre una donna su quattro ritiene di aver subito forme di coercizione durante il travaglio (Oelhafen et al., 2021; Mayer et al., 2022). Sono numeri che fanno riflettere e che gettano luce su un evento che, durante la pandemia di Covid-19, ha posto nuove sfide alle partorienti. Nel presente contributo sono riportati i risultati di un recente studio volto a indagare le esperienze di coloro che hanno partorito nel Canton Ticino durante la pandemia. L’articolo completo è apparso sull’ultimo numero del «Journal for the Motherhood Initiative» (Lazzari, 2023) ed è disponibile in open access sul sito della rivista.
I risultati si basano sui dati emersi da 23 interviste condotte con mamme che hanno partorito nel Canton Ticino – in contesti ospedalieri ed extra-ospedalieri – durante la pandemia. Scopo dello studio era individuare quali aspetti contribuiscono a creare un’esperienza di parto positiva, indipendentemente dal tipo gravidanza, dalle aspettative e dal luogo scelto per il parto.
L’impatto della pandemia sul vissuto della gravidanza è sostanzialmente positivo: grazie alle misure in vigore, le donne hanno potuto lavorare da casa, si sono concentrate maggiormente sulla loro salute e hanno condiviso l’esperienza con il proprio compagno. Svantaggi sono stati evidenziati da coloro che avevano già altri figli: non poter contare sull’aiuto di nonni o docenti e doversi occupare a tempo pieno dei bambini più grandi, ha comportato un maggior investimento di energie rispetto alle donne che attendevano il loro primo figlio. Considerazioni analoghe riguardano il post-parto: le restrizioni in vigore durante la pandemia hanno protetto le neomamme da visite indesiderate e le madri hanno apprezzato il fatto di potersi concentrare sul proprio recupero fisico e sul loro bebè senza doversi preoccupare di intrattenere famigliari e amici. Tuttavia, dalle narrazioni appare chiaro che una maggiore flessibilità è necessaria affinché le visite da parte del partner e degli altri figli possano avvenire senza restrizioni anche in ospedale.
Se gli effetti della pandemia hanno avuto ripercussioni positive sulla gravidanza e sul post-parto, l’esperienza di nascita è, invece, stata vissuta con maggiori tensioni nel contesto ospedaliero. Ad eccezione di una, tutte le donne intervistate hanno affermato di considerare fondamentale la presenza del partner. Le madri che avevano previsto un parto in ospedale erano preoccupate che al proprio partner potesse essere proibito l’accesso, mentre coloro che prevedevano un parto in casa o in casa nascita temevano che la presenza del compagno potesse venire compromessa da un trasferimento in ospedale. In tre casi il partner non ha potuto assistere durante l’induzione; è stato ammesso soltanto ore dopo, quando la partoriente era entrata nella fase di travaglio attivo. Lo stress emotivo e la sofferenza fisica, gestiti senza il supporto della persona di fiducia, hanno avuto un impatto avverso sull’esperienza di parto. In alcuni casi, inoltre, la tensione è stata accentuata dal fatto di dover condividere la camera con un’altra paziente.
La continuità delle cure risulta essere un altro criterio fondamentale per un’esperienza positiva di nascita. Il livello di soddisfazione delle sette donne che hanno partorito in un contesto extra-ospedaliero, infatti, è risultato più elevato. Le ragioni sono molteplici e possono essere ricondotte, tra l’altro, al fatto che le loro erano gravidanze fisiologiche, non ci sono state complicazioni, non è stato necessario il trasferimento in un’altra struttura e il partner ha potuto assistere all’evento, senza limitazioni. Tuttavia, oltre a questi fattori, l’aver sviluppato un forte legame di fiducia con la propria levatrice e aver partorito in un luogo calmo e accogliente hanno giocato un ruolo sostanziale sulla loro esperienza positiva.
Nel contesto ospedaliero, invece, il livello di soddisfazione è variabile. In ospedale e clinica, la continuità delle cure offerte da un’ostetrica non è di regola possibile. Le partorienti non hanno la possibilità di scegliere la propria levatrice, ma sono assistite dal personale in servizio al momento dell’arrivo in ospedale e, di conseguenza, nei casi di travagli prolungati, può comportare vari cambi turno. La percezione del vissuto è influenzata da vari fattori: l’età, la personalità e le aspettative di pazienti e operatori sanitari, possibili complicazioni, interventi medici e la necessità di un trasferimento. Nonostante il livello di soddisfazione riportato sia diverso, i cambi turno hanno avuto un impatto logorante su tutte le donne intervistate. Anche quando le partorienti erano riuscite a stabilire una relazione di fiducia con le levatrici di turno, la transizione alle cure di un’altra persona è stata descritta come particolarmente destabilizzante.
Altro aspetto frequentemente riportato nelle esperienze ospedaliere riguarda la comunicazione tra pazienti e curanti. Dalle narrazioni emerge la percezione che gli interventi medici non siano stati spiegati in modo chiaro, non siano state proposte alternative e, in generale, non sia stato chiesto il consenso prima di intervenire. Le pazienti che avevano dedicato tempo per prepararsi in modo attivo e consapevole al parto erano generalmente più inclini a mettere in discussione le decisioni degli operatori sanitari e chiedere ragguagli. Questo atteggiamento – nel caso di travagli fisiologici – ha permesso di evitare procedure considerate non necessarie, quali, ad esempio, la rottura artificiale delle membrane o l’iniezione di ossitocina post-parto. Affermazioni quali «Adesso induciamo», «ora rompiamo le acque» e «facciamo l’iniezione post-parto» sono frequentemente riportate. In un caso, la mamma ha affermato che alcune procedure sono state effettuate senza informarla. Una donna, arrivata in ospedale durante la fase di travaglio attivo, si è lamentata del fatto che gli operatori sanitari insistessero per applicare il catetere per via venosa. Secondo la sua testimonianza, la «stavano torturando», «non la lasciavano in pace» e la procedura «era più dolorosa delle contrazioni». Un’altra madre ha menzionato che tutti gli interventi medici venivano dati per scontati e definiti «di routine» dagli operatori sanitari, anche quando non strettamente necessari; mentre una delle donne intervistate ha ripetuto varie volte di essere «sul piede di guerra» quando interagiva con medici, levatrici e pediatri. Basandosi sulla sua precedente esperienza di parto, aveva imparato che, per evitare procedure non necessarie, «devi impuntarti, altrimenti non ti ascoltano». Nonostante sia riuscita ad avere il parto che desiderava, le interazioni avute con gli operatori sanitari sono state vissute in maniera stressante.
Secondo le madri che hanno partecipato allo studio sarebbe importante prestare maggiore attenzione alle esigenze delle donne anche dopo la nascita. Le narrazioni raccolte seguono uno schema simile: quando possibile, l’allattamento al seno è stato promosso e facilitato, ma un supporto competente e personalizzato non era disponibile in caso di bisogno. In alcune circostanze, il bebè è stato allontanato dalla mamma subito dopo il parto o successivamente, senza fornire spiegazioni. La separazione dal proprio bambino e la mancanza di comunicazione è stata fonte di ansia e preoccupazione. Una madre ricorda che, dopo aver chiesto di poter rimanere più a lungo con la propria bambina, la levatrice di turno ha risposto: «Te l’ho già lasciata più del dovuto». A una coppia che si lamentava di vedere la figlia «in cartolina», il pediatra ha risposto di «impuntarsi» e di accompagnare la bambina ogni volta che veniva allontanata per i controlli medici. Le donne intervistate avrebbero preferito che fossero fornite loro informazioni complete e che gli operatori sanitari le avessero invitate a restare con i loro bambini tutto il tempo. Dover stare sempre all’erta e insistere per essere ascoltate sono ricordati come fattori aggiuntivi di stress.
La degenza in camere comuni e semi-private ha posto problemi alla maggior parte delle persone intervistate. Condividere la camera durante il travaglio è vissuto come logorante, mentre nel periodo post-parto avere una compagna di camera è risultato particolarmente difficile da gestire per le mamme di quei bebè che avevano bisogno di cure pediatriche. Vedere altre donne «spupazzarsi» il loro bambino è causa di grande sofferenza. Le donne che hanno beneficiato di una camera singola hanno valutato positivamente la calma e il comfort di cui hanno goduto, mentre coloro che hanno partorito a domicilio e in casa nascita hanno apprezzato la discrezione offerta da un ambiente protetto, famigliare e accogliente.
Un aspetto da migliorare per coloro che partoriscono in contesti extra-ospedalieri riguarda invece l’offerta di un servizio di assistenza post-parto che si estenda oltre le prime ore successive alla nascita. Nonostante questi parti siano fisiologici e il recupero più veloce, le intervistate concordano sul fatto che un supporto post-parto sia necessario a tutte le donne, indipendentemente dal luogo in cui hanno partorito.
Dalle testimonianze raccolte appaiono evidenti alcuni aspetti che possono contribuire a migliorare l’esperienza di parto. In primo luogo, l’assistenza del partner deve essere garantita in ogni contesto e senza restrizioni. Considerando che la condivisione della stanza può costituire un fattore di stress, dovrebbero essere fornite apposite camere famiglia a tutte le coppie, anche nel contesto ospedaliero. Le donne, inoltre, hanno espresso il bisogno di ricevere informazioni dettagliate su ogni intervento e di poter prendere autonomamente ogni decisione riguardante il loro corpo e il loro bebè.
Nonostante l’assistenza continua da parte di una levatrice di fiducia costituisca il modello migliore per ottenere un’esperienza di parto positiva (McCourt et al., 1998), questo servizio non è ancora offerto negli ospedali e nelle cliniche del Canton Ticino. Dalle testimonianze raccolte appare evidente l’importanza di promuovere questo esempio di cura, così come risulta necessario implementare un supporto individualizzato per l’allattamento nel periodo post-parto.
Alcuni passi in questa direzione sono già stati intrapresi: nel mese di ottobre 2022, l’Associazione Nascere Bene Ticino ha, infatti, lanciato un Appello per un’esperienza positiva di parto nelle maternità ticinesi (Redazione Nascere Bene, 2022) in cui chiede che in tutti gli ospedali siano introdotte camere famiglia e venga offerta la possibilità di partorire con la propria levatrice di fiducia.
Le narrazioni discusse nel presente studio non hanno la pretesa di rappresentare ogni vissuto; l’obiettivo è piuttosto quello di dar voce alle protagoniste del parto per evidenziare alcuni elementi ricorrenti che contribuiscono a influenzare positivamente l’esperienza di nascita e a suggerire possibili aggiustamenti volti a migliorare l’assistenza al parto in ogni contesto. Altri studi e ricerche sono auspicati perché aiuteranno a stabilire le modalità più adatte a offrire cure sempre più personalizzate ed efficaci. A questo proposito, segnalo il questionario online Mamma. Nascita. Libertà che va proprio in questa direzione, interpellando le donne che hanno partorito in Ticino tra il 2018 e il 2023.
Bibliografia
Deforges et al., «Le trouble de stress post-traumatique lié à l’accouchement», Périnatalité, vol. 20, n. 4, 2020, pp. 192-200.
Lazzari, «Childbirth Narratives in the Canton of Ticino (Switzerland): Perceptions and Experiences of Mothers Who Gave Birth before and during COVID-19», in Learning from the Pandemic: Possibilities and Challenges for Mothers and Families, The Journal of the Motherhood Initiative, vol. 14, n. 1, 2023, pp. 135-150.
McCourt et al., «Evaluation of One-to-One Midwifery: Women’s Responses to Care», Birth, vol. 25, n. 2, 1998, pp. 73-80.
Mayer et al., «“We Felt Part of a Production System”: A Qualitative Study of Women’s Experiences of Mistreatment during Childbirth in Switzerland», Plos One, vol. 17, n. 2, 2022.
Oelhafen et al., «Informal Coercion During Childbirth: Risk Factors and Prevalence Estimates from a Nationwide Survey of Women in Switzerland», BMC Pregnancy and Childbirth, vol. 21, 2021.
Redazione Nascere Bene. Appello per un’esperienza positiva di parto nelle maternità ticinesi. Associazione Nascere Bene Ticino, 3 Mar. 2023, https://nascerebene.ch/appello-per-unesperienza-positiva-di-parto-nelle-maternita-ticinesi/ [30 giugno 2023].
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