Perché IL VECCHIO è AL MARE?
Tre domande allo scrittore Domenico Starnone
Il 13 ottobre 2024 a Bellinzona, nell’ambito del festival culturale Sconfinare, ho avuto la fortuna di ascoltare dal vivo lo scrittore Domenico Starnone (chi di voi non c’era e volesse rivedere l’evento può farlo cliccando qui). Starnone, sapientemente guidato dal critico letterario Gianluigi Simonetti, non ha soltanto parlato del suo ultimo libro Il vecchio al mare uscito quest’anno per Einaudi, ma, traendo spunto dal titolo dato all’incontro, Quando si finisce di desiderare?, ha raccontato ad un pubblico di lettori e curiosi alcuni aneddoti della sua vita di scrittore e discusso di temi quali la vecchiaia e il binomio verità-realtà nella letteratura.
Ammettendo un mio debole per Starnone – sì, lo so, lo so, siamo in tanti! –, i cui romanzi, sin dai tempi di Via Gemito (vincitore del premio Strega nel 2001) sono diventati per me dei must read, capirete bene che non potevo farmi sfuggire l’occasione di porgli qualche domanda che “sconfina” nei nostri Sentieri per le Medical Humanities.
28 Ottobre 2024 – Intervista, Arte, Medical HumanitiesTempo di lettura: 6 minuti
28 Ottobre 2024
Intervista, Arte, Medical Humanities
Tempo di lettura: 6 minuti
La vecchiaia è un tema ricorrente nella sua opera, non solo nel suo ultimo romanzo Il vecchio al mare, nel cui titolo la richiama esplicitamente. In fondo, pensandoci bene, considerando anche i progressi della medicina, la vecchiaia sta diventando un tema sempre più rilevante anche nella nostra società. Cosa le interessa di questa fase della vita e perché sceglie spesso di inserirla nelle sue storie?
Mi sono occupato non tanto della vecchiaia quanto dell’invecchiamento. Mi interessa, dal punto di vista narrativo, il corpo mentre si sottopone alla sua ultima – e oggi sempre più lunga e articolata – mutazione. Le ragioni? Innanzitutto, ne ho esperienza, sono vecchio. E poi ho fatto a lungo l’insegnante. Il rapporto con gli studenti accentua la percezione del proprio invecchiare. Loro cristallizzano l’adolescenza e la giovinezza: è sempre la stessa fascia d’età che abbiamo davanti, in genere per decenni. Il nostro corpo invece cambia: arriviamo giovani in cattedra e lì invecchiamo fino alla pensione. Non solo: il confronto permanente con i giovani rende più evidente una forma più nascosta di invecchiamento: quello culturale. Ci affanniamo per tenerci aggiornati ma finiamo per registrare che dopo una certa età non si impara più niente.
Anche il tema della malattia è presente nei suoi romanzi, spesso in modo sottile. Ad esempio, senza rivelare dettagli della trama, i lettori de Il vecchio al mare noteranno la centralità di questo elemento, sia a livello narrativo che riflessivo. In generale, però, un po’ tutte le sue opere esplorano la vulnerabilità fisica e mentale, specialmente nelle relazioni interpersonali. Perché ritiene che la malattia, oltre al suo aspetto drammatico, possa essere uno strumento letterario per indagare la complessità umana e i legami tra le persone?
La malattia, con la sua irruzione, mostra il meglio e il peggio di noi, specialmente in vecchiaia, specialmente quando abbiamo fortunatamente fatto l’abitudine a un corpo sano. Ho scritto una quindicina d’anni fa un romanzo intitolato Spavento. Il nocciolo, lì, è la fuga dalla malattia, il rifiuto atterrito della diagnosi, la fragilità dei legami culturali e affettivi, un bisogno folle di vita grezza, prima che tutto finisca. Il vecchio al mare è invece un racconto più scanzonato. Se la malattia mortale s’è impadronita del nostro corpo – dice il vecchio – prendiamoci il nostro tempo, andiamo al mare, abbandoniamoci alle nostre ultime fantasie, facciamo i conti con la vita che sta per finire, usiamo le forze residue per appassionarci alle vite altrui, caso mai compriamo un kayak e impariamo a usarlo.
Mi ricollego al titolo dell’incontro di Sconfinare Quando si finisce di desiderare? che solleva una questione interessante sul tema del desiderio. Questo impulso profondamente umano di volere, bramare o aspirare a qualcosa è da sempre un motore di scoperta e crescita, non solo in ambito scientifico, ma anche in quello artistico. Lei, sul palco, ha detto che «i romanzi girano tutti intorno al desiderio». Spiegherebbe anche ai nostri lettori che cosa intende con questa affermazione?
Agamennone vuole riprendersi Elena, Odisseo vuole tornare a casa, i paladini di Francia corrono dietro ad Angelica, Julien Sorel vorrebbe essere un Napoleone, c’è sempre qualcuno che aspetta Godot. Il punto, nei racconti, non è la realizzazione del desiderio, ma la qualità narrativa degli ostacoli che la impediscono e il tempo a disposizione per provarci. L’inceppo narrativo della vecchiaia è che è tempo ultimo: concepisce desideri nel presente ma non produce futuro sufficiente per poter illudersi di realizzarli. Le illusioni sono già tutte perdute. Ma, se questo è sicuramente un male da giovani, forse non lo è da vecchi. A meno che non si preferisca credere – come accade sempre più spesso oggi, aiutati dalla medicina – che la vecchiaia non esiste.
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