Post Scriptum (2025) – Parte 6
L’impotenza di Dio
La quinta parte di questo articolo è consultabile qui.
13 Ottobre 2025 – Storia, Dolore, Emergenza, Libertà, PsichiatriaTempo di lettura: 12 minuti
13 Ottobre 2025
Storia, Dolore, Emergenza, Libertà, Psichiatria
Tempo di lettura: 12 minuti
Credo dunque che la più autentica vocazione del popolo ebraico e della sua tradizione sia stata e continuerà ad essere quella messianica, rivelatrice di una Spiritualità universale e di una ecumenica fratellanza nel comune e solidale destino di tutti gli esseri umani nella costanza del dolore e nella ineluttabilità della morte, come è facile leggere nella più genuina corrente storica e culturale di questo popolo ovunque disperso. Ho cercato di cogliere la natura più profonda e più segreta di questa tradizione, certamente presente e latente nella Bibbia. Il popolo ebraico, pur nella sua diaspora o proprio in essa, sarebbe così una sorta di popolo laboratorio dell’idea di un Dio finalmente e definitivamente mite.
Coerentemente con questo punto di vista in modo commoventissimo l’ebreo Hans Jonas nel Concetto di Dio dopo Auschwitz [1], afferma la necessità di immaginare un Dio che rinuncia alla propria onnipotenza per amore degli uomini, e piuttosto condivide sofferente come Gesù la sofferenza degli uomini, uomini proprio come gli Ebrei ad Auschwitz. Condivisione, dunque, con tutti gli uomini ovunque sofferenti, tanto più se vittime della distruttività umana, ormai derubricata a soluzione paranoica rispetto alla costanza del dolore ed alla ineluttabilità della morte. Credo che Franco Fornari [2] abbia fornito suggestioni davvero preziose a questo proposito.
Il percorso iniziato colla Genesi è così giunto ad uno snodo decisivo, e Dio, qualunque cosa esso sia, scende ora tra gli uomini per portare conforto e condivisione, come uno tra i tanti uomini giusti e buoni che cercano di alleviare le sofferenze di una Umanità perennemente esule e dolente. Il compito del Profeta non è dunque quello della invettiva, ma quello della Pietà. Il nuovo (e vero?) concetto di Dio appare dunque ora impregnato di misericordia (versus vendicatività) e di impotenza (o perlomeno non onnipotenza o limitata potenza versus onnipotenza). Dio condivide e conforta la nostra sofferenza, e ci induce alla condivisione ed alla solidarietà hic et nunc, in un progetto concreto e comune di reciproco accudimento. Questa sembra essere la vera presenza latente ma incidente e confortante di Dio nella storia, ed il suo compimento potrebbe essere rappresentato poi dalla Speranza di una definitiva consolazione, quella declinata forse nelle Beatitudini (versus le maledizioni). La Speranza di una Redenzione dal dolore [3], e di una tolstoiana [4] Resurrezione/Riparazione oggettuale dalla distruttività e dalla morte. Questo mi sembra essere il vero compito interminabile degli uomini alla ricerca di una Salvezza che ci impegna tutti fin d’ora e negli anni, Buoni Samaritani per sempre.
Una commoventissima rappresentazione dell’esito di questa riflessione mi sembra essere un’opera pittorica di Ludovico Carracci, pittore italiano della seconda metà del Cinquecento. Si tratta della Trinità con Cristo morto, conservata nella Pinacoteca Vaticana. Cristo, bellissimo, giace senza vita ai piedi del Padre, un vecchio decrepito e dolentissimo vestito con abiti quasi sacerdotali che guarda smarrito senza trovare consolazione. Sopra i due si sostiene luminosa una colomba, simbolo dello Spirito e portatrice di Speranza, come la Colomba che annunciò a Noè con un ramoscello di ulivo la fine del Diluvio, la Pace. Intorno figure angeliche ma umane si accompagnano alla Croce in un toccante Silenzio. Dio è la condivisione sofferta del dolore, fino all’estremo.
Ma una simile dimensione spirituale appare ancora più difficile della Sublimazione, Amare il proprio nemico, chiedere al Padre non vendetta ma Perdono, rinunciare alla onnipotente distruttività, propria o per interposta divinità. La storia della umanità andrebbe nella direzione di una crepuscolare ed universale Pietà, Freud dice verso una serena estinzione. Nella tenera immagine di Ludovico Carracci è anche possibile cogliere un elemento importantissimo e forse trascurato della Pietà, clinicamente rilevantissimo:
la Pietà è sempre associata alla colpa reale e/o fantastica, alla nostra celata aggressività di cui vorremmo alla fine privarci,
alla domanda cioè: Dove ho mancato, che cosa non ho fatto ed avrei potuto fare? La Pietà ci guida verso una incerta e fragile attesa di salvezza, quella a cui tutti segretamente aspiriamo. Questa evoluzione/rivoluzione ci può apparire sostanzialmente e globalmente tradita, ma non disattesa sul piano personale da moltissime persone, di tutte le confessioni e laiche, e sul piano sociale da iniziative umanitarie, filantropiche, etiche, ecologiste di varia ispirazione e natura. La misteriosa vocazione al bene degli esseri umani, malgrado tutto…
Ricordiamo dunque il sacrificio interminabile del popolo ebraico nelle persecuzioni antisemite fino alla Shoah e oltre, ma d’altro canto non possiamo ignorare il tragico rischio e addirittura la realtà di una risposta altrettanto schizoparanoide del governo ebraico alle proiezioni schizoparanoidi antisemite ovunque nel mondo, ed in particolare nelle attuali vicende storico-politiche in Medio Oriente. Questo minaccia di configurarsi come un tradimento del governo israeliano della Spiritualità ebraica, questo non è forse solo lo storico e drammatico limite della ambitendente spiritualità ebraica che ho cercato di illustrare, ma forse è in realtà il rischio ed il limite (invalicabile?) della natura umana dall’epoca della Terra Promessa e prima ancora dalle origini, fino ai giorni nostri:
non possiamo rinunciare ad un onnipotente e vendicativo Iddio, schierato al nostro fianco per punire e distruggere i nostri nemici
(ahimè lo dicono qua e là anche i bellissimi Salmi…), ed eventualmente punitivo di noi stessi, cioè della nostra stessa distruttività? Questo arcaico Super-Io ci è dunque necessario e non è modificabile? O possiamo condividere piuttosto le riflessioni di Roy Schafer sul Loving and Beloved Superego [5]?
D’altronde in un contesto apparentemente più laico, nel nostro tempo della morte di Dio, una formidabile scienza corredata di una ancora più enigmatica tecnologia, nuove e non meno spaventose similveterotestamentarie divinità, si propongono in tutta la loro onnipotente e minacciosa Presenza, non molto diversamente da quanto accadeva nelle storie antiche a cui ho
fatto riferimento. Ci lasceremo così scoraggiare, come teme Harold Searles [6], nel nostro intento di lavorare umilmente per una autentica, umanissima solidarietà universale rivolta agli uomini, alla Natura/Madre ed a tutte le sue creature? L’impotenza di Dio può davvero incredibilmente alimentare la solidarietà e la speranza tra gli uomini?
Sono consapevole poi che, con tutta evidenza, un immenso problema sia rappresentato dalla esistenza e sopravvivenza dello Stato Ebraico. Israele ha naturalmente pieno diritto alla propria sopravvivenza, messa in discussione da una parte del mondo islamico, come del resto lo Stato
Palestinese. Ho cercato di mostrare le modalità messe in atto dal governo israeliano per garantirsi questo obiettivo. Ho cercato di mostrarne pure le ragioni storiche e dinamiche, e le sue conseguenze, nel complesso inaccettabili. Vorremmo che l’Organizzazione delle Nazioni Unite fosse convincentemente riformata e sostenuta per sempre da tutti i popoli come luogo di composizione di tutti i conflitti. A una simile istituzione Israele, ma anche i Palestinesi potrebbero rivolgersi fiduciosi di un giudizio sereno e di una equa e pacifica composizione del contenzioso. Era la concorde opinione di Freud ed Einstein in Warum Krieg? Utopia, perché non verremo mai a capo della onnipresente paranoica distruttività umana?
Malgrado ciò, last but not least, vorremmo che gli esseri umani trovassero un giorno una compassionevole e tenera unità nel segno della comune caducità, confortati dall’idea di un Dio
sofferente e solidale, cioè di una comune ascendenza e paternità/maternità nel dolore inevitabile, nella accettazione dei propri limiti, nella costruzione di un reciproco conforto ed accudimento. Questa speranza passa attraverso il raggiungimento di una autentica capacità di perdono, che per alcuni, quorum ego, è l’obiettivo ultimo di una analisi riuscita.
Questa consolazione reciproca potrebbe essere per tutti la presenza concreta e soccorrevole di Dio, Padre Amabile e Buona Madre, raffigurati ed individuati nel nostro vicino, per quanto estraneo possa essere, amorevole e bisognoso di amore nella sua natura più profonda. Una irrinunciabile aspirazione alla pace, il governo di un alto, nobile, remunerativo e universalmente diffuso Ideale dell’Io, un rispetto profondo e definitivo della vita. Potrebbe essere questa quella che Freud chiamava una ragionevole e condivisa umana infelicità?
Il messaggio ebraico è pervenuto fino a noi attraverso i secoli ed attraverso vicissitudini spesso terribili di persecuzioni insostenibili, tra cui la Shoah che ricordiamo. La storia ebraica è la storia spirituale di questo popolo che ha determinato la nostra stessa spiritualità occidentale, la
spiritualità forse del mondo intero, ed il suo cuore non cessa di battere malgrado le immense violenze di cui è stato oggetto nel tempo, e malgrado le sue stesse contraddizioni che ne hanno ostacolato il cammino. Queste ultime hanno reso la spiritualità ebraica così ricca di fascino e di segreto, facendone uno strumento potenziale di enorme arricchimento, come si legge in Freud e come ho cercato di mostrare. Freud diceva che anche la Bibbia sostiene che non è una colpa zoppicare. E, come dice il Talmud:
Chiunque salva anche una sola vita, salva il mondo intero.
Bibliografia
[1] H. Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz, Il Melangolo, 1993.
[2] F. Fornari, Psicoanalisi della Guerra, Feltrinelli, 1989.
[3] F. Rosenzweig, La Stella della Redenzione, Vita e Pensiero, 2002. (4)
[4] L. Tolstoj, Resurrezione, Newton Compton, 1997.
[5] R. Schafer, The Loving and Beloved Superego in Freud’s Structural Theory, The Psychoanalytic Study of The Child, 1960, 15.
[6] H. Searles, Processi inconsci relativi alla crisi ecologica, in Il Controtransfert, Boringhieri, 1994.
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