Scrivere noir con anima poetica
La serie di Pietro J.
24 Aprile 2025 – Narrazioni, Emergenza, Medical Humanities, MorteTempo di lettura: 11 minuti
24 Aprile 2025
Narrazioni, Emergenza, Medical Humanities, Morte
Tempo di lettura: 11 minuti
Scrivere noir è un viaggio di esperienza creativa e ricalca per certi versi le dinamiche poetiche, i valori delle voci interiori e dei segreti più intimi.
Scrivere noir con anima poetica significa aggiungere altri colori al nero, che rimane il colore predominante.
Il fascino oscuro della vita e della morte si embricano. L’uso sensibile della parola è indispensabile in poesia e anche per entrare nei MISTERI più inquietanti che la mente dello scrittore può ideare. Il narratore noir si abbevera alla natura, soprattutto alla natura più cruda, senza veli e si nutre di parole e vite altrui, cosa di cui la poesia è pregna. I poeti liberano eserciti di mondi interiori: quale miglior campo da arare per chi scrive storie di uomini – e con la vita e la sofferenza degli uomini vive a contatto diretto?
Nei frammenti di tempo libero concessi dalla professione medica quotidiana, da che ricordo, ho trovato sempre sostegno sollievo ricarica nella poesia e nella narrativa noir, sia di altri che mia. Non mi sento per questo dicotomizzata, ma piuttosto interiormente arricchita. Le considero collegate tra loro, due facce, o tre facce se possibile, della stessa medaglia. Perché? Diventano espressione della malia, del fascino oscuro e seducente della vita e della morte.
Vita, morte, ma anche amore sono i temi più profondi e passionali in letteratura. E parlarne, leggerne, condividerne pensieri sono lenimenti per l’anima.
Quali le caratteristiche di un noir e i punti di contatto con la poesia?
1. Il vero noir richiede per prima cosa L’ ATMOSFERA, inquietante e fumosa, a volte caotica. «Il noir è un romanzo d’atmosfera in cui prevale il buio sulla luce», ci ricorda Andrea Camilleri; come quasi tutti gli autori che sondano ambienti, esistenze spesso ai margini del vivere comune, descrizioni dell’anima più profonda delle cose e che si alternano in un crescendo di tensione, scrisse anche lui poesia: ricordo la struggente Solo per noi, ma anche molte altre.
Ogni parola scritta attingendo ad un caleidoscopico serbatoio interiore rende più noir il noir e più poesia la poesia.
Ogni mistero che circonda l’ambiente del quotidiano esistere rende più poetica la poesia e la prosa poetica, cui il noir attinge. Il primo maestro per me è stato Giorgio Scerbanenco nella sua Milano. Anche lui ha scritto poesia, non solo noir. I titoli stessi dei suoi romanzi erano frasi poetiche. Anche se ucraino d’origine, l’autore visse molto intensamente la seconda patria. Di lui ricordo il personaggio principale, Lamberti, ex medico radiato per aver praticato l’eutanasia. Protagonista non convenzionale. Di questo parlerò al punto tre di questa breve trattazione.
2. Altra importante prerogativa del vero noir è che
la violenza non è fine a sé stessa, ma scaturisce dal LATO OSCURO DELLA MENTE,
scandaglia le profondità psicologiche, le patologie psichiatriche, ossessioni, manipolazioni, dipendenze e tanto altro. La natura dell’uomo si manifesta nei noir senza freni inibitori, attinge alla fantasia più profonda e cupa dell’anima mettendo in pratica pulsioni segrete, a volte atroci. Pensiamo a Edgar Allan Poe e ai suoi delitti della Rue Morgue. A riprova di quanto detto fin qui, rendo noto che anche Poe scrisse poesia, vi invito a leggere la sua delicatissima Annabelle. In tempi più recenti mi piace citare Lars Kepler (pseudonimo di una coppia) con il suo “Ipnotista” dove, sotto ipnosi, si aprono le porte di un incubo. Anche la poesia attinge nei meandri dell’anima, senza freni inibitori se vera poesia, a volte facendo affiorare lati oscuri, neri, dolorosi, pensiamo alla poesia dolente e cruda di Alda Merini, che scrisse a sua volta anche un noir: La nera novella. Ecco un breve stralcio: «Il delitto perfetto non si vede, ma si sente. Si sente nelle viscere, nelle calamità dei giorni…».
3. La terza caratteristica del noir è che colui che sdipana – spesso suo malgrado – la storia non fa parte delle forze dell’ordine classiche. Si tratta di un protagonista, o più protagonisti, che hanno un “DIFETTO SACRO”. Chandler, considerato il capostipite del hard boiled con il suo detective Marlowe, cavaliere triste solitario e irrequieto, mi ha colpito molto per questo. La sua poesia? Sì, anche lui ne scrisse, sicuramente una arrivata a noi: Requiem. Eccone l’incipit: «C’è un momento dopo la morte in cui il volto è bello/quando gli occhi teneri e stanchi si chiudono e il dolore è finito». Vorrei citare anche i gialli/noir di Fred Vargas, scrittrice francese, il cui sdipanatore è un commissario, sì, Adamsberg, ma sui generis, “spalatore di nuvole” antirazionale flemmatico e filosofico.
Nel caso del mio protagonista, Pietro Jackson è un artista completamente al di fuori del mondo criminale: unisce quanto di sacro, magico e irrazionale c’è nel mondo dell’arte.
Il suo difetto sacro è quello di percepire le negatività che lo circondano.
Gli accade durante il sonno o quando si trova in un luogo teatro di violenze, ma anche e soprattutto, durante le fasi di creatività artistica, che tanto somiglia all’ipnosi. In questo particolare stato di coscienza sappiamo che, al controllo elettroencefalografico, le onde delta diminuiscono (quelle del controllo). Al contrario, le onde beta, in area prefrontale (direttore d’orchestra del cervello) aumentano e quindi via libera ad ogni sensazione che possa arrivare senza mediazione di autocontrollo. Nei momenti di creatività si perde la percezione del tempo e dello spazio, si perde il controllo del corpo e dell’attività di pensiero e si entra in un mondo alternativo.
Non succede forse così anche quando scriviamo poesia, quella poesia vera scritta di getto, che poi rileggendo alcuni versi pensi: l’ho scritto io?
Il personaggio principale della serie dei romanzi che vede protagonista Pietro Jackson nasce nel 2009, con il primo romanzo “Ascoltando Coltrane” (Neos edizioni, Torino). Un giovane artista non convenzionale, pittore e musicista, ha una dote speciale e una sensibilità superiore: percepisce le negatività che lo circondano; e ci porta a sondare oltre le apparenze. Dipinge nel suo atelier in corso Inghilterra, in una Torino nei suoi aspetti urbani, sociologici e culturali e anche nei suoi misteri. Nell’evolversi della storia, l’artista mette al servizio della conoscenza e della legge gli strani e affascinanti viaggi della sua mente. Il romanzo ebbe un discreto consenso, ma per alcuni anni ho lasciato nel cassetto il personaggio fino a quando, incontrando Gianfranco Brini, medico legale, mi chiese «Cosa hai nel cassetto»? Ed io gli presentai il mio personaggio. Mettemmo insieme con entusiasmo e rispettive competenze e riprendemmo a narrare in forma di noir gli strani eventi della vita di Pietro Jackson. Le storie si impreziosiscono con i co-protagonisti, sempre presenti da ora in poi: una madre medico, un medico legale, un amico giornalista, una fidanzata. Decidiamo di pubblicare con uno pseudonimo che ci accomuna: Tosca Brizio. Il primo romanzo “Chiaroscuro” nel 2017: la storia prende origine da un incontro tra compagni di liceo. Segue “L’ombra cupa degli ippocastani” nel 2019, ambientato in una casa di cura per malattie nervose e mentali. Quest’ultimo terminato e pubblicato dopo la morte del coautore, che troppo presto ci ha lasciato. Esce anche un racconto lungo on line “Blood session per Pietro Jackson” (Kindle) ambientato a Parigi. In seguito, riprendo il mio nome e continuo a far vivere Pietro Jackson nella sua Torino dove sempre ritorna con la sua straordinaria capacità percettiva. Pubblico nel libro “Filo rosso” alcuni racconti (Ed. lucidellanotte, 2020) e nel 2022 esce “Pietro J” (Readaction editrice, Roma) che si compone di due storie successive, la prima ambientata a Torino, la seconda a York, in Inghilterra. Ad inizio anno 2025 è uscito l’ultimo libro “La maledizione di Joshua” (Pedrini Edizioni). Eccone l’abstract: A Santa Fé, in Argentina, vive Joshua, un ebreo che ha subito i terribili eventi del 1943: la sua esistenza fu colpita dalla pazzia antisemita arrivata nel tranquillo paese dove abitava. I genitori uccisi, lui esule. Ormai anziano e ammalato, medita di tornare in Italia e dar pace ai suoi tormenti. A Torino vive Pietro, un artista dotato di una dote divinatoria e terribile che gli fa percepire le negatività che lo circondano. È a lui che si rivolge l’amico giornalista Matteo, incuriosito per gli strani tragici accadimenti che coinvolgono i membri di una famiglia di origine italiana. Tutto ha inizio in Svizzera, in Valle Maggia, dove è bruciato uno chalet con i proprietari dentro. Matteo vuole andare lì per ricostruire gli eventi, entrare nei turpi segreti del passato. Ci troviamo catapultati negli intrighi di un casato “marcio dentro”. In questa storia straordinaria tanti sono i personaggi e tanti i fili da riannodare: niente è come sembra.
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