Restituire integrità ai dati e alla loro narrazione

La crisi dell’editoria scientifica è una questione di sistema 

Questo mese è stato pubblicato dalla casa editrice “Il Pensiero Scientifico Editore” Sul pubblicare in medicina – Impact factor, open access, peer review, predatory journal e altre creature misteriose, scritto da Luca De Fiore. De Fiore è un amico della Fondazione Sasso Corbaro, della quale è già stato ospite virtuale (il video dell’evento “Editoria e giornalismo scientifico: il presente e gli scenari futuri” è reperibile qui). Abbiamo chiesto a lui, proprio in occasione dell’uscita di questo suo nuovo libro, di scrivere un contributo per la nostra rivista a tema “editoria scientifica”, di cui è uno dei maggiori esperti italiani e non solo. Ringraziamo Luca e Il Pensiero Scientifico per aver accettato la nostra proposta.

Tenere separate la medicina basata sulle prove dalle Medical Humanities è un’ingenuità. Un’ingenuità nella quale si cade spesso. Talvolta si cede alla tentazione di questa polarizzazione se si è alla ricerca di un’identità più netta per la propria vita professionale: per senso di appartenenza, insomma. Dimenticando che la cura è l’incontro tra persone e ciascuna di loro porta con sé i propri vissuti e aspettative: le storie che noi siamo, fatti e sentimenti, affetti, emozioni. Sono fatti i nostri dati anagrafici, i risultati degli esami clinici o strumentali a cui ci sottoponiamo, i segni obiettivi rilevati dal medico. Sono fatti tessuti insieme alla soggettività dei sintomi, all’individualità delle inquietudini, all’unicità delle aspirazioni personali, alla gioia o al dolore che proviamo nel percorso di vita. 

Questo dialogo tra oggettività e soggettività è proprio della cura ma non solo: è anche la cornice in cui si svolge l’attività di ricerca,

soprattutto della ricerca clinica che coinvolge persone sia dal lato del disegno degli studi, sia da quello della loro conduzione e rendicontazione. Una sintesi – più o meno riuscita – di questa conversazione tra il dato e la sua interpretazione è nei rapporti di ricerca. Dati e interpretazioni si parlano, soprattutto negli articoli originali o negli editoriali pubblicati su riviste accademiche, ma anche – sebbene in misura minore – in altri documenti tipici della letteratura scientifica, dal caso clinico alla serie di casi. Una discussione – per così dire – che ha assunto ormai dimensioni preoccupanti: se nel 2016 erano usciti 1,92 milioni di articoli, nel 2022 sono diventati 2,82 milioni. La produzione di ricerca sul covid-19 – più o meno di valore – ha contribuito a questo aumento, ma una responsabilità ancora maggiore è di case editrici note come Elsevier, Springer Nature e Wiley, e nate da poco ma già molto chiacchierate, come Frontiers e Mdpi (Science Advisor, 2023). 

La pressione a standardizzare la comunicazione in questo ambito ha finito col creare dei modelli assai simili a quelli noti della letteratura classica: per intenderci, da quella dei poemi omerici alle fiabe dei fratelli Grimm o di Charles Perrault. Sì, perché l’Odissea, Cenerentola o Biancaneve e i sette nani hanno molto in comune con l’elaborazione del materiale narrativo da parte degli autori di molti – moltissimi – autori di articoli scientifici.

Come nelle fiabe, la medicina è diventata il regno del sorprendente, dove una serie di eventi apparentemente o potenzialmente catastrofici trova la soluzione in uno strumento magico:

nelle favole una pozione con pelle di serpente, una zucca che si trasforma in carrozza o un bacio miracoloso del principe azzurro; nella letteratura scientifica un nuovo farmaco immancabilmente definito gamechanger, un’innovazione breakthrough, un’infallibile metodologia diagnostica di precisione (Abola e Prasad, 2016). 

Le favole sono uno strumento essenziale per avvicinare pian piano i bambini alle esperienze fondamentali della vita: l’amore o il risentimento, la riconoscenza o la gelosia, e soprattutto il vivere e il morire. In modo simile, la letteratura scientifica dovrebbe essere la base della formazione e dell’aggiornamento del medico. Sia l’esperienza del bambino, sia quella del medico si basano sulla fiducia in quello che ascoltano o in quello che leggono.

Il “dirottamento” della medicina basata sulle prove sta progressivamente compromettendo la credibilità della ricerca scientifica

(Ioannidis, 2016): alla corruzione della base di evidenze dovuta alla manipolazione opportunistica del disegno degli studi, alla scelta di endpoint surrogati o comunque irrilevanti e più in generale alla definizione di un’agenda della ricerca più vicina agli obiettivi dell’industria che ai bisogni dei cittadini, si stanno aggiungendo i casi sempre più frequenti di plagio e falsificazione dei contenuti delle pubblicazioni, di costruzione integrale di set di dati o addirittura di interi articoli (De Fiore, 2024). 

Dal racconto corale di narrazioni che costruiscono conoscenza dalle esperienze di ricerca, la letteratura scientifica sta trasformandosi nel racconto di storie sempre meno credibili.

La narrazione della ricerca si sta trasformando nel raccontar favole. 

Storie che finiscono in prima pagina su media di tutto il mondo (Kenneally, 2022; McKie, 2024) che si soffermano però più sulle vicende personali di ricercatori disposti a tutto pur di pubblicare che sui problemi strutturali di un sistema che sembra non considerare con la giusta preoccupazione i tanti segnali di allarme.

Segnali che riguardano in primo luogo il filtro di qualità delle pubblicazioni:

si discute dell’affidabilità della peer review ormai da decenni e la convinzione diffusa – come la democrazia, è un pessimo sistema di governo ma è comunque il migliore che abbiamo – è diventata indifendibile. Il numero di articoli sottoposti alle riviste è tale che le riviste non riescono a disporre di un numero adeguato di referee preparati. In alcuni casi si chiede agli autori di presentare un revisore di fiducia, in molti altri la revisione esiste solo sulla carta e non viene effettuata. 

Allo stesso modo, la certificazione di qualità conferita a posteriori dalle metriche citazionali è poco convincente. Nato come indice di interesse di una rivista a beneficio dei bibliotecari che dovevano selezionare i periodici a cui abbonarsi,

si pretende oggi che l’impact factor determini anche la qualità del lavoro di un ricercatore nonostante sia una metrica facile da condizionare,

basti pensare alla sempre più diffusa self-citation. 

Ancora,

la rivoluzione annunciata dell’open access come volano per una circolazione più democratica della conoscenza è andata delusa.

I grandi player dell’editoria scientifica internazionale guadagnano sempre di più da quote elevatissime richieste ai ricercatori per pubblicare, che si aggiungono comunque ai ricavi della vendita di pacchetti di abbonamenti alle biblioteche. Ad alimentare gli utili straordinari delle aziende editoriali sono sempre e comunque le istituzioni. 

È un importante problema di sistema che riguarda la produzione della conoscenza e dei saperi condivisi, andando direttamente a incidere sulla qualità della cura ai pazienti. È però anche una questione etica, nella misura in cui la frode e la falsificazione editoriale alterano i meccanismi della competizione professionale e accelerano o ritardano il percorso di carriera dei ricercatori, penalizzando solitamente i più giovani e le donne. 

Serve un cambiamento radicale di prospettiva che restituisca integrità ai risultati della ricerca e alla loro narrazione.

Perché sia possibile, è importante diffondere la conoscenza del problema, tenendo presente il pericolo principale: la perdita della fiducia dei cittadini nella scienza. 

Bibliografia

M.V. Abola MV e V. Prasad, “The Use of Superlatives in Cancer Research”, JAMA Oncol, 2(1), 2016, pp.139-41. 

L. De Fiore, “Sul pubblicare in medicina. Impact factor, open access, peer review, predatory journal e altre creature misteriose”, Il Pensiero Scientifico Editore, 2024.

J.P. Ioannidis, “Evidence-based Medicine Has Been Hijacked: A Report to David Sackett”, J Clin Epidemiol, 73:82-6, 2016. 

C. Kenneally, “Is There a Crisis of Confidence in Scientific Research?”, Publishers Weekly, 2022.

R. McKie, “‘The situation Has Become Appalling’: Fake Scientific Papers Push Research Credibility to Crisis Point”, Guardian, 2024.

Science Advisor, “Scientists Are Publishing Too Many Papers – And That’s Bad For Science”, Science, 2023. 

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