Congresso annuale della NeMLA

Studi sulla maternità e sull’umanesimo clinico 

Il cinquantacinquesimo congresso annuale della Northeast Modern Language Association – tenutosi a Boston dal 7 al 10 marzo 2024 – ha proposto

una serie di tavole rotonde, seminari e panel che dimostrano il crescente interesse per i Motherhood Studies e le Medical Humanities nel continente americano.

La prima tavola rotonda, significativa per le tematiche che ci interessano, è quella organizzata da Victoria Livingstone (New Jersey Institute of Technology), la quale ha invitato nove studiose a leggere e commentare i loro testi creativi – principalmente estratti da racconti e poesie di loro produzione – che discutono tematiche autobiografiche intime e personali quali infertilità, depressione post-parto, lutto perinatale, difficoltà nell’allattamento e ambivalenza materna. Questo nuovo filone artistico e letterario – fino a poco tempo fa considerato irrilevante e poco rappresentativo – dimostra che le varie sfaccettature della maternità costituiscono argomenti di interesse generale che stanno emergendo in maniera preponderante sia in ambito editoriale che negli studi accademici.  

Il rapporto fra letteratura e Health Humanities è stato indagato in due seminari che hanno attirato lo sguardo – oltre che sui lavori di Torquato Tasso e Carlo Goldoni – anche sui contributi di Lara MacGragor relativi sua esperienza di tumore al seno e all’influenza di William Carlos Williams nello sviluppo della medicina narrativa.  

Particolarmente illuminante e istruttiva si è rivelata la tavola rotonda Of Surplus and Scarcity: Interdisciplinarity in the Medical Humanities nella quale due studiose e una bibliotecaria si sono chinate sulla questione dell’interdisciplinarità nelle Medical Humanities e sulle sfide riscontrate in ambito pedagogico, formativo e nell’allestimento delle biblioteche. Le relatrici e il pubblico presente in sala hanno evidenziato una difficoltà comune a chi si occupa di umanesimo clinico: emerge infatti come questo campo di studio interessi maggiormente gli studenti e le studentesse provenienti dalle Humanities – ossia dalle discipline “umanistiche” – mentre risulta più difficile convincere gli studenti e le studentesse di medicina ad avvicinarsi ad un approccio che tende ad essere percepito come più generico e meno scientifico. Per coloro che studiano le materie umanistiche, l’interdisciplinarità e la pluridisciplinarità costituiscono infatti fattori positivi che stimolano ad aprirsi ad altri campi di ricerca e a esplorare nuove metodologie;

per chi è iscritto alla facoltà di medicina, invece, sembra più difficile capire in che modo le Medical Humanities possano essere utili alla propria pratica professionale e clinica.

Degno di nota anche il panel intitolato ‘It’s All in Your Head’: Cultural Representations of Medical Misongyny in the Americas nel quale sono stati forniti esempi di una tendenza comune alle cure mediche, dove i disturbi delle pazienti di genere femminile vengono spesso sottovalutati, sminuiti o rappresentati in maniera grottesca. In questo senso, Maria Rovito (Pennsylvania State University) ha esposto in maniera convincente come le donne che soffrono di endometriosi vengano raffigurate in modo caricaturale e poco rappresentativo in alcune serie televisive americane ambientate in contesti ospedalieri.  

Anche il seminario Iconographical and Literay Representations of Disease ha dato importanti spunti di riflessione sul rapporto tra malattia e letteratura. Particolarmente stimolante il contributo della Professoressa Laura Benedetti (Georgetown University), la quale ha proposto un’analisi del libro di Pia Pera, il cui titolo – Al giardino ancora non l’ho detto – si ispira ad un verso di Emily Dickinson. Dopo aver ricevuto una diagnosi di SLA (sclerosi laterale amiotrofica), l’autrice avvia un intenso dialogo con il proprio giardino, affermando che, dopo lo choc iniziale, «[è] cresciuta l’empatia. La consapevolezza che, non diversamente da una pianta, io pure subisco i danni delle intemperie, posso seccare, appassire, perdere pezzi, e soprattutto: non muovermi come vorrei» (Pera, 2016).  

Nonostante il tema della maternità sia stato indagato principalmente da una prospettiva contemporanea, uno dei seminari proposti durante i quattro giorni di congresso ha offerto anche un punto di vista storico, approfondendo alcune rappresentazioni materne nella letteratura romantica; mentre due panel hanno discusso l’apporto della medicina grafica alle Health Humanities. 

La NeMLA è stata anche l’occasione per presentare alcune delle ricerche attualmente in corso in collaborazione con la Fondazione Sasso Corbaro per le Medical Humanities. A questo riguardo, ho avuto l’occasione di intervenire alla tavola rotonda Motherhood Literature as Genre per discutere i testi di alcune scrittrici: Milli Hill (Regno Unito), Rebecca Dekker (Stati Uniti), Isabella Pelizzari Villa, Angela Notari (Svizzera italiana), ed Elena Skoko (Italia) in ottica transnazionale. L’analisi ha evidenziando in che modo le autrici abbiano redatto le proprie storie di parto utilizzando un genere letterario ibrido innovativo, che meglio veicola le proprie esperienze e i propri obiettivi, volti a sensibilizzare e stimolare lettori e lettrici a cambiare le modalità di comunicazione fra curanti e pazienti e la maniera in cui le cure ostetriche e ginecologiche vengono fornite.  

A conclusione del simposio ho organizzato due seminari sul tema dell’aborto – sempre in collaborazione con la Fondazione Sasso Corbaro e la George Washington University – volti a studiare come questa esperienza sia vissuta, narrata e rappresentata nella letteratura e nel cinema contemporaneo. Agli incontri hanno presentato una quindicina di studiose e studiosi provenienti dall’Europa e dal Nord America, i quali hanno offerto prospettive variegate, analizzando diverse esperienze di aborto – elettivo, terapeutico, spontaneo – in un corpus di opere letterarie e cinematografiche contemporanee transnazionali. I contributi hanno permesso di tracciare delle linee comuni nel modo in cui la perdita durante la gravidanza viene percepita dalle protagoniste e da chi le cura e assiste, portando nuova luce sui vari vissuti. Le discussioni avviate si sono concentrate sui passi necessari da intraprendere in termini di giustizia riproduttiva, accesso alle cure e, in particolare, alla necessità di offrire un accompagnamento empatico e individualizzato a coloro che affrontano questi eventi. 

Bibliografia

LIBRI
R. Dekker,
Babies are Not Pizzas: They’re Born, Not Delivered, EBB editions, 2019.

L. MacGragor, A Hopeful Life: Learning to Hold Fear and Joy in the Same Hand, at the Same Time, Hope Scarves, Louisville KY, 2023. 

M. Hill, Give Birth Like a Feminist, Harper Collins, London, 2019.

A. Notari, Quello che ci unisce. Dalla levatrice Lucia al nostro e vostro parto, Salvioni, Bellinzona, 2019.

I. Pelizzari Villa, Volevo andare a partorire in Olanda. Storia di un taglio cesareo annunciato, Tipoprint SA, edizioni Vignalunga, Mendrisio, 2018.

P. Pera, Al giardino ancora non l’ho detto, Ponte alle Grazie, Milano, 2016. 

E. Skoko, Memorie di un parto cantato. Una nascita gentile con Ibu Robin Lim, Phasar, Firenze, 2013.

PODCAST
MacGragor, A hopeful life with Lara Macgregor.

SITI
Northeast Modern Language Association (NeMLA) 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *