Dare e essere voce

Post-scriptum, dall’Isola d’Elba, nel mese di luglio

«Il mare lava anche l’anima». Me lo ha detto un amico qualche giorno prima della partenza per le vacanze. Era quello che avevo bisogno di sentire, immagino. Tanto che la sua voce, in quel momento, mi è sembrato assumesse toni solenni, quasi salmistici, profetici, eroici. Voce. 

Per il primo numero dei Quaderni delle Medical Humanities ho scritto Con altri sensi: dare e essere voce, un’intervista a Laura Sadikovic-Sciuchetti. L’altro ieri, mentre camminavo tra gli stand degli editori presenti all’Elba Book Festival, un festival letterario che si tiene annualmente a Rio, località sulla costa est dell’isola Elba, mi sono imbattuta in un libro di Laura De Luca: Breve storia filosofica della voce, edito da Graphe. Voce. Un’altra piccola scintilla che suscita un incendio, come dice il motto, in latino, della casa editrice. 

Ho cominciato a leggerlo subito, tutto d’un fiato: questo libro è un piccolo gioiello, un saggio che parla con grazia e con acume.   

Com’è possibile che la voce sia diventata voce e quando è successo? 

Il suono autofeconda il pensiero, dice l’autrice. E mentre scrivo, sento i tasti che ripetono le parole a cui sto pensando e finiscono in questo foglio Word, sento la voce del gabbiano che sorvola la torre e quella del traghetto di ritorno al porto. Sento la mia, che detta mentalmente quello che mi accingo a scrivere, la sento nei dialoghi tra me e me, in quelli con gli altri, nel lavoro.  

Ma quando veramente ascolto la mia voce? 

Ascoltare è condizione primaria, dice l’autrice, perché la voce non solo sia bella o emetta suoni gradevoli, ma dia veramente forma al pensiero. È il principio di ogni comunicazione. Non a caso, proprio all’inizio del libro, scrive: 

«Andando avanti negli anni, ho scoperto che gli elementi fondamentali del parlare in realtà sono cinque. Il quinto è il primo, in ordine di importanza, necessaria premessa di tutti gli altri: l’ascolto.
Chi non sa o non vuole ascoltare, non emette propriamente una voce, ma solo l’astratto suono di alcuni vocaboli. Di nuovo, la differenza è sostanziale. Senza l’ascolto, la voce è solo un verso animale casualmente e inutilmente guarnito di parole umane.
Grazie a questo “ascolto” (beninteso soprattutto grazie all’ascolto di chi materialmente non “parla” anche se in apparenza produce suoni) anche una voce sola può diventare balsamo sugli infiniti silenzi che attraversano e feriscono questo mondo e arrivare a redimere la sua mancanza di senso.
Cioè dargli voce.» 

Dare e essere voce, dicevamo. 

Intanto il vento sventola qualche bandiera e le bottiglie cadono nel cassone del camion, pronte a finire in qualche deposito. Sembrano chiedere aiuto. Il loro suono, prima grave e poi acuto. Toccano da vicino la lamiera bollente e si ritrovano a rotolare una sopra all’altra e a un’altra ancora e ancora, ancora… 

Ascoltare dunque, per dare voce e dare luogo a discorsi che non siano un sovrapporsi di vocaboli. Parole per comprendersi. Voce per uscire dal vuoto e venire alla luce. 

Sì, proprio così, come nella storia di Laura che ho raccontato nei Quaderni: 

«Nella famiglia di Laura sono tutti sordi o, almeno, è stato così fino a qualche anno fa, quando lei e suo marito hanno avuto due bambini, perfettamente udenti. Questo è forse il nuovo punto chiave da cui ricomincia questa storia: la nascita dei figli di Laura e il nostro ritrovarci a chiacchierare con calma, un pomeriggio, per caso, durante l’ultimo periodo di pandemia. Sentire Laura parlare con quella padronanza, vedere i suoi bambini che la chiamavano perché li guardasse giocare, mi ha fatto riflettere sulla sua nuova condizione di mamma.»  

Di nuovo. Tornano l’ascolto, il dare voce, il venire alla luce.  

«La svolta è arrivata dopo aver partorito la mia primogenita: ho visto l’importanza di trovare un equilibrio tra il mondo dei sordi e il mondo degli udenti.»  

È come se in questi giorni di treni e traghetti, di libri e presentazioni, di bandiere, di vento e di mare, io stessi ritrovando la bussola. È come se davvero quest’acqua salmastra, questo mare che va nelle orecchie e scompiglia i capelli avessero veramente il potere di ricalibrare lo strumento che dentro di me mi permette di orientarmi fuori, la mappa – dal mio corpo – del mio corpo e delle mie emozioni. Lavare l’anima, diceva Ettore. Dispiegare le emozioni, dare voce, trovare una voce e ritrovarla, ancora.   

In questa nona edizione dell’Elba Book Festival, in cui il tema è “mappe”, mi ritrovo (già, sempre questo trovarsi e ritrovarsi che si ritrovano, che ritornano) non solo a riflettere sulle vie che potrà prendere l’editoria, ma a questo umanissimo viaggio che mi ha portata su quest’isola a dialogare con altre e altri, su come ognuna e ognuno di noi, a modo suo, sia e presti voce al mondo.  

Un dialogo tra io e tu, tra uno e molti, tra esterno e interno, una congiunzione, come quella che permettono le fauci o, più precisamente “l’istmo delle fauci”.   

«Sottile lingua di terra, tra oceani o mari, che congiunge due continenti o due isole, l’istmo delle fauci congiunge il dentro al fuori. La fame al cibo, il silenzio alla parola, il vuoto al pieno. Le fauci sono il vuoto. […] Atte a far entrare aria e cibo, ma anche a far uscir aria e voce. Un altro confine, un altro contagio. Ma dove finiscono le fauci e dove incomincia il palato? Le fauci sono la sua porta recondita e insieme il suo trionfale arco di ingresso.» 

Tutto prende forma: questo corpo è la carta geografica di questo festival di dialoghi sulle mappe. E ogni dialogo sembra contenere questo vuoto e il desiderio di essere riempito. 

«Dove cade la voce? Dove diventa musica, carezza, abbraccio, anche se nessuno canta, anche se nessuno tocca nessuno? […] Dove batte esattamente il cuore per arrivare a dire ciò che non si può dire? E dove si ferma la voce […] e con quale frequenza […] si inchina di fronte alla solennità di un segreto?» 

Questo libro, anzi questa storia, questa Breve storia filosofica della voce, è arrivata mentre il mare mi parlava. Ha il ritmo delle domande e il tono di un’amica. È un invito a chiedere e a scoprire. C’è musica e c’è corpo, ci sono sussurri e c’è carnalità.  

E io, resto in ascolto.  

E io, do respiro ai miei pensieri.  

Bibliografia

De Luca L., Breve storia filosofica della voce, Perugia, 2020. 

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