Follie d’amore

Terre di ghiaccio, terre di fuoco e terre di vento 

Il duello 

Le follie d’amore raccontano l’inarrestabile duello tra luce e ombra, tra il forte chiarore della passione e l’oscurità notturna del furore e delle figure spettrali, che la abitano. Dolce e tenera è la notte d’amore, là dove il pensiero si fa quieto e il cuore attende l’amato con i brividi della passione, che irradiano nel corpo. La notte della follia, invece, abita ed è abitata dalla nostalgia delle cose perdute, dalla rabbia velenosa del Male, là dove il buio diviene angoscia. L’oscurità della notte può, infatti, generare paura e tremore, mostrare inquiete figure, può essere il terreno di incontro con l’ignoto, là dove le cose vagano ancora nella fluidità dell’informe. Pensare nell’amore all’oscurità della notte e alle sue diafane luci è accettare la sfida di un Altrove in cui ci si bagna nascostamente nel fiume dell’esistenza. Faticoso è il sostare di fronte alle tenebre, all’inabissamento della mente addormentata e rimanerne allo stesso tempo vigili protettori, “sentinelle della vita”. Ma attenzione anche alla troppa luce che squarcia irriverente il buio della notte, come indicava Seneca, quando scriveva «non c’è nulla di più oscuro delle torce, che ci servono non a vedere in mezzo alle tenebre, ma a vedere le tenebre». Le follie d’amore sono il palcoscenico e insieme gli attori stessi di quell’infinito duello, che è la vita.  

 

Il granello di follia  

Le passioni d’amore contengono, infatti, sempre un granello di follia. Si potrebbe anzi dire che senza quel granello che rende tortuosa e spesso irragionevole e disperante la vita di ognuno di noi la storia di un amore non sarebbe che contabilità. Senza quella piccola follia nulla di quel mondo parallelo, che l’innamoramento dischiude con la sua seduzione, il suo fascino, con la sua capacità di capovolgere per un momento il vissuto del tempo, la percezione dello spazio e del nostro stesso corpo, ci sarebbe rivelato. La magia dell’amore sta proprio in quella possibilità di andare oltre i percorsi abituali della vita, di mettere sottosopra la nostra quotidianità, di rischiare l’impossibile e a volte l’irragionevole. È certamente una condizione di follia nel senso più antico del termine, non in sé patologia ma esperienza terribile e bellissima della messa in malattia come esposizione all’esperienza della sofferenza e della felicità. In questa esposizione fuori di sé, in questo viaggio dentro l’amato, in questa privazione di qualcosa che ci appartiene per conquistare ciò che ancora non conosciamo, vi è anche il rischio di smarrirsi e di perdersi. Poi ci penseranno la concretezza della vita, l’abitudine degli incontri quotidiani, il progetto di vita comune, la trasformazione della passione in amore a calmare le acque, a rassicurarci, a riacciuffare la nostra “testa” che era andata vagando lungo le praterie del sogno e dell’illusione e a rimetterla più prosaicamente di nuovo sulle “spalle”. Ma che cosa perdiamo in questa riconquistata ragionevolezza? Spesso perdiamo quella “cosa” che è del corpo e nello stesso tempo dell’anima, che rimarrà a volte tutta la vita come un indelebile ricordo dentro di noi, ricordo di un tempo un po’ magico e un po’ mitico fuggito per sempre. Le nostalgie di quel tempo aureo per rimanere vitali (a volte per poterle rivivere anche solo in modo passeggero) devono accettare un processo di lutto, come se solo facendole morire potranno continuare a vivere e alimentare per lungo tempo la vita di una coppia. Altre volte quel lutto doloroso non si potrà fare e allora si vorrà trattenerle imprigionandole in comportamenti ripetitivi e sempre più devitalizzati. La folgorante e luminosa avventura di un tempo diverrà progressivamente simulacro di se stessa, un po’ come avviene all’esperienza del viaggio trasformato in banale turismo. L’esperienza della passione d’amore, indispensabile “mappa del tesoro” per il viaggio di una vita di coppia, che sappia affrontare i marosi e le calme piatte del percorso, è così esposizione a due rischi maggiori. Quello che espone allo smarrimento di sé lungo le vie di una vera e propria follia d’amore (quante scelte apparentemente irragionevoli e irriducibili obbediscono sino alla vecchiaia a questo orizzonte) e quello della desertificazione dei sentimenti e delle emozioni in una vita fatta solo di concretezza e di vuota quotidianità, di cui è vittima il presente di molte coppie.   

Una donna, magari a suo modo “disperatamente” felice, che oscilla tra un amore irraggiungibile e un amore senza sogno, come se solo quella posizione intermedia le fosse consentita. La sessualità, che a volte lega oltre ogni ragione un uomo e una donna, può qui contenere paradossalmente i due poli, quello dell’illusione di avere la realizzazione del proprio sogno a portata di mano e contemporaneamente quello della sconfitta ripetuta (dopo tutto torna in ogni caso come prima). Ognuno di noi, soprattutto nelle vicende d’amore, è spesso costretto a stare, anche irragionevolmente e contro ogni buon senso, dentro il proprio destino.  

 

Storie d’amore  

Le storie d’amore e di passione sono, infatti, tra le cose della vita, che più di altre appartengono e rispondono al destino. Un destino, che ha le sue radici nella nostra più antica e infantile esperienza di vita. Un destino che solo un lungo percorso di conoscenza di sé può eventualmente attutire. I paesaggi di quel destino, infatti, alimentano la sorgente gioiosa dei migliori momenti dell’amore, ma anche drammaticamente i suoi esiti più tristi, le sue infelicità, sino ai dolori, alle delusioni, alle guerre guerreggiate della separazione. Un giorno una donna non più giovane mi raccontò una storia assurda e nello stesso tempo meravigliosa. Per quarant’anni aveva avuto una storia d’amore con un uomo sposato, che pur abitando nella stessa città, riusciva ad incontrare furtivamente uno o due volte all’anno e che ora era morto. Una storia condivisa dopo un brevissimo e folgorante inizio. Il resto erano state parole scambiate al telefono o brevi frasi scritte su bigliettini inviati grazie ad improvvisati messaggeri. Tutta la vita di quella donna era stata punteggiata da un ritmo di fondo, il ritmo di una passione, che vissuta e consumata in così piccole dosi, non si era mai spenta. Le chiesi se fosse stata felice, se rimpiangesse di non aver cercato altre vie al suo bisogno di amore, se si fosse pentita di quella dedizione quasi gratuita e un po’ folle all’impossibile. Mi rispose senza esitazione. È stata la cosa più bella della mia (nostra) vita. Incomprensibili a volte le storie d’amore, che trasformano un destino, in modo quasi alchemico, spesso duro e apparentemente inospitale, in una grande favola per la quale è stato bello vivere.  

 

L’amore e il sangue  

Vi è però un filo rosso che attraversa silenzioso e quasi invisibile i molti tragici eventi di sangue, che hanno trasformato l’intimità della famiglia e la nostra apparentemente tranquilla quotidianità in luoghi dell’orrore e dello sgomento? Pensare alla follia individuale o alla società malata, di cui quegli atti sarebbero solo sintomo, è certo rassicurante ma non sufficiente. La società del Vuoto che si abbuffa di tante immagini del Nulla e dell’Effimero, così come la mente fragile dell’uomo, in bilico tra adattamento normopatico e rottura, non sono che contenitori bucati da dove può tracimare anche all’improvviso la violenza senza nome verso sé stessi o verso gli altri oppure irrompere il cataclisma di Sé in quel sentirsi definitivamente abbandonati e soli. Le tragedie di cui siamo testimoni sembrano abitare ed essere abitate dai territori della passione. La passione è quella disponibilità all’amore assoluto e alla sofferenza assoluta, a quell’abbandonarsi totalmente sino alla morte all’Altro. È quell’illusione a volte euforica altre disperata, che ci fa credere di aver trovato nell’Altro ciò che abbiamo già definitivamente perduto. Quando l’oggetto della passione si allontana o ci rifiuta, allora ciò che è in pericolo è la vita stessa. La passione d’amore diviene passione di morte nel tentativo estremo di trattenere a sé ciò che ci sta ancora una volta abbandonando. Infatti, quando ci si trova ad amare appassionatamente qualcosa o qualcuno non si sa veramente che cosa si ami in lui. Quando si uccide e ci si uccide per passione, incerto e confuso diviene il posto della vittima e quello del suo amante, come fossero riuniti dalla Morte in un’unica sorte. Sull’altare di questo impossibile ricongiungimento senza più separazioni e rotture si pone sovente se stessi e l’altro amato, come agnelli sacrificali. Quando tutto ciò avviene, si cercano affannosamente le cause, come se attraverso di loro potessimo evacuare la terribile verità che la passione contiene. Ma le cause restano perlopiù introvabili. In genere nessun testimone rimane a raccontare quel viaggio dentro le tenebre, che è vuoto della mente, che è perdita definitiva di ogni legame sociale. È come se rimanesse una scena vuota dopo la deflagrazione. Una società che decolora gli affetti e che perde il contatto con le passioni ci rende impreparati a capire e ad elaborare a tempo la violenza, la sofferenza e il godimento, che le abitano. La passione ci rinvia nei suoi splendori così come nelle sue tenebre al cuore stesso della nostra umanità, al rischio estremo di ciò che significa essere fragilmente uomo. E infine al duello estremo e crudele tra le luci della Vita e le oscurità della Morte. Qui sta l’Esistenza. 

2 pensieri su “Follie d’amore

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