Il “mediterraneo interiore”

Terre di ghiaccio, terre di fuoco e terre di vento 

Ninfee pallide lievi 
coricate sul lago –
guanciale che una fata 
risvegliata 
lasciò
sull’acqua verdeazzurra, 

ninfee
con le radici lunghe 
perdute
nella profondità che trascolora – 

anch’io non ho radici 
che leghino la mia 
vita – alla terra – 

anch’io cresco dal fondo 
di un lago – colmo 
di pianto. 

(Antonia Pozzi, 26 agosto 1933) 

 

Il Mediterraneo nel suo segreto splendore è mare affascinante e crudele … là dove si sono nascosti gli dèi fuggiti dai cieli, là dove ancora si sentono le voci del Mito, che racconta dell’inizio del mondo, là ove si nascondono le seducenti Ninfe ridotte al silenzio, là dove la loro voce si è oramai spenta, là nelle acque degli incanti ove abitano ancora gli Angeli … ma forse, come scrive il poeta spagnolo Vicent Manuel, «il Mediterraneo non esiste, è solo un mare interiore, che ciascuno di noi deve navigare ogni giorno»? o forse esiste troppo nella crudeltà che lo ha trasformato in una sorta di tomba d’Occidente.  

Il Mediterraneo che evoca il viaggio tra follia e poesia che lo abita, come una sorta di pharmakon alla banalità della vita, per ridare luce all’esistenza. Una luce che viene dalle Ninfe2, che da sempre lo abitavano e che oggi sembrano fuggite. Le Ninfe che abitano l’invisibile femmineo e la loro seduzione erotica. Ma dove è la luce? Che rimane dell’antica luce? È questa loro presenza nei cieli e nei mari a ridare luce alla luce? Ninfe, che continuano nascostamente a dimorare nelle acque con i loro canti incantevoli e incantati. Ninfe, figure delle acque, ma anche dei giardini3, che le ospitavano come loro ultimo rifugio. Ninfe, che parlano il linguaggio della “divina follia” e delle sue figure della possessione. Ninfe compagne di strada della Cura 

Ma mettiamoci in viaggio. Un viaggio verso Itaca, l’isola di Ulisse. Kavafis diceva che «bisogna tenere sempre Itaca nella mente, l’approdo all’isola è il destino di ognuno di noi, ma non bisogna avere fretta. Meglio se il viaggio si prolunga per molti anni e se l’ancora viene gettata quando si è ormai vecchi, ricchi di tutta una vita».

Il Mediterraneo, il nostro “lago” interiore, oggi attraversato dagli spettri della miseria umana, ci abita e nello stesso tempo lo abitiamo.

Luogo dove gli Dèi hanno incontrato gli uomini e dove gli uomini hanno incontrato gli Dèi. Da Teti, la più bella delle ninfe del mare, al viaggio di Ulisse, al ratto d’Europa da parte di Zeus, alla Procida dei romantici, al Passaggio a Nord-Ovest, il Mediterraneo ospita l’immenso della tragedia umana, la sua grandezza e la sua fragilità, di cui la follia è testimone.  

La follia che sta al cuore dell’uomo, non solo come malattia, ma soprattutto come cifra del tragico dell’esistenza umana stessa.

Il Mare come la Montagna ci indicano il rapporto tra l’umano e il divino, tra il cielo e la terra. La follia mette in scena l’appartenenza ad altri “mondi”, che abitano l’esistenza dell’uomo. Mondi che parlano della loro radicale alterità, dell’abisso di immobilità e di dismisura, che da sempre hanno evocato il divino e il demoniaco, come forma del destino ma anche della possibilità di rigenerazione. I folli hanno accesso, nella nudità con cui si espongono al mondo-della-vita, ad una sorta di “passaporto delle ombre”.  

Il Mediterraneo, il nostro Mare, il nostro “lago”, il giardino degli dèi, continua, nel dolore e nella felicità, a farci sentire le voci, le parole di questi altri “mondi, ascoltando la «prodigiosa riserva di senso», come scrive Foucault, che contengono. La Follia e il Mare, uniti da una sorta di gemellarità, interrogano costantemente il senso dell’esistenza stessa, mostrando i suoi smarrimenti, le sue ferite, le sue angosce, ma anche le sue sfide. Un dialogo che ha bisogno di luoghi, di gesti, di parole e di una sensibilità insieme forte e tenera, capace di coglierne nell’ordine del cuore il ritmo, le atmosfere, i paesaggi e i frammenti di una parola interrotta, estranea, spesso irruente, violenta e bizzarra. 

Percorriamo così le infinite vie che il mediterraneo interiore ci offre, per scoprirne la dimora nascosta degli dèi e dei demoni, che diventano, quando non sono curati, malattie.

La follia è così la triste poesia di quelle anime erranti.

La follia quando incontra il mare, l’infinito oceano, sino al sentimento oceanico di Rolland, con le sue tempeste e le sue piatte calme, apre uno spazio segreto. Lo spazio del Mito. È per ognuno di noi la casa di dietro-il-mondo della nostra propria esistenza, è la querentia, descritta da Ernest Hemingway in Morte nel pomeriggio (1947), di cui abbiamo bisogno per proteggerci, è la dimora segreta della nostra anima, è la soglia, il Tra, l’Aïda (B.Kimura), che segna il confine, è il qui e là della presenza a noi stessi e all’altro.  

Il Mediterraneo immaginario, di cui qui parlo, è infatti quello stare tra le cose, tra le parole, tra l’acqua e il vento, tra i luoghi della Ragione e quelli della Follia. È di questo stare tra le cose, che racconta il pensiero mediterraneo, tra terra e mare, tra conosciuto e ignoto.

Stiamo nelle terre del “Grande Altro” tra “ghiaccio” e fuoco, tra spettri e invisibili presenze, tra isole mirabili e bellezze inaudite, città fortificate e abissi, che ci trasformano in viaggiatori, ma anche in vagabondi condannati ad errare confusamente.

Il Mediterraneo ci racconta questo veleggiare tra la terra ferma e la danza delle onde. Racconti che evocano il rapporto dell’uomo con l’infinito in cui ci si può smarrire, ritrovare gli incanti nelle mille voci degli Dèi che stanno ancora sulla soglia dell’eterno, ma anche impazzire. Questo pensiero evoca il tema del Sud e del pensiero meridiano4 e delle sue pratiche terapeutiche proprio di fronte ai fenomeni di possessione. Pratiche come il tarantismo, la pizzica e altre in cui religiosità, fascinazione, magia e terapia si incontrano. Il Mediterraneo, il giardino delle Ninfe, continua, nel dolore e nella felicità, a farci sentire le voci, le parole di questi altri “mondisegreti e profondissimi, là dove gli ultimi dèi si sono nascosti. 

Note

 

  1. Note alla mia relazione Il mediterraneo interiore, tenuta alla Biblioteca del Liceo Lugano 2 il 5 maggio 2022. 
  2. Roberto Calasso, La follia che viene dalle Ninfe, Adelphi, 2005. 
  3. Jorn De Précy, E il giardino creò l’uomo, a cura di Marco Martella, Ponte delle Grazie, 2012. 
  4. Franco Cassano, Il pensiero meridiano, Laterza, 2005. 

Un pensiero su “Il “mediterraneo interiore”

  1. uweed dice:

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